Un disegno inedito di Carlo Maratti dalla collezione Maggiori
Antonio Marras
Alessandro Maggiori (1764-1834) sebbene quasi del tutto dimenticato dalla critica moderna fu uno dei più importanti collezionisti di grafica dell’Ottocento. Discendente da una nobile famiglia fermana, perfezionò l’istruzione prima ad Osimo e poi a Bologna dove si laureò in giurisprudenza ma non praticò mai la carriera forense, alla quale preferì lo studio delle lettere e delle arti, coltivato grazie ai numerosi viaggi. Fu a Firenze, Pisa, Parma, Modena, Napoli e a Roma dove, nel 1798, frequentò da pittore dilettante l’atelier di Domenico Corvi. Dopo il matrimonio si stabilì nella sua villa a Sant’Elpidio a Mare, detta del Castellano, dedicandosi al collezionismo e alla stesura di opere di critica artistica e letteraria fino alla fine dei suoi giorni1 Tra le opere pubblicate da Alessandro Maggiori si ricordano in ordine cronologico la prima edizione delle rime di Michelangelo Buonarroti, le guide delle bellezze artistiche della città di Ancona e della basilica di Loreto, la biografia e le opere dell’architetto Sebastiano Serlio e un itinerario delle città italiane. Si veda rispettivamente Le rime di Michelagnolo Buonarroti 1817; MAGGIORI, 1821; 1824; 1832. Su alcune guide marchigiane inedite di veda inoltre AMBROSINI 2006, pp. 431-448. . Le vicende biografiche possono essere ricostruite in maniera più precisa grazie all’epistolario che riunisce le missive inviate al padre Annibale Maggiori Guerrieri (1731-1809) recentemente pubblicato nella sua completezza2 La pubblicazione comprende la raccolta dei manoscritti autografi per la maggior parte inediti conservati presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, la Biblioteca Civica «Romolo Spezioli» di Fermo e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. SPARAPANI 2020..
La raccolta grafica del conte Alessandro fu una della più vaste del XIX secolo ma venne dispersa sin dal 1834 quando, alla sua morte, i disegni, le stampe e i quadri insieme alla biblioteca vennero suddivisi tra i fratelli Saverio, Lorenzo e Giovanni che li misero progressivamente in vendita3 DANIA 1995, pp. 10-11. Si veda inoltre RONGONI 1994, pp. 39-45; 68-71. . Così i fogli Maggiori circolarono sul mercato europeo ed internazionale trovando numerosi acquirenti fra cui, per citarne solamente alcuni, il collezionista americano James Jackson Jarves che a sua volta vendette parte della raccolta al miliardario Cornelius Vanderbilt, oppure Giovanni Piancastelli, pittore e primo direttore della galleria Borghese, tramite il quale alcuni disegni passarono alle sorelle Cooper Hewitt4 Cornelius Vanderbilt donerà i disegni al Metropolitan Museum di New York dove sono custoditi due fogli di Ubaldo Gandolfi già in collezione Maggiori. Si veda BEAN, GRISWOLD 1990, pp. 81-82. Un disegno certamente proveniente dalla raccolta Maggiori attribuito al pittore bolognese Vittorio Maria Bigari è conservato presso il Cooper-Hewitt Museum di New York (CAZORT, JOHNSTON 1982, p. 141, n. 103). .
Un nucleo significativo è conservato presso il comune marchigiano di Monte San Giusto nel Centro dedicato ad Alessandro Maggiori. Qui sono stati recuperati e in parte restaurati un centinaio di disegni esposti in origine presso la vecchia sede municipale dove erano confluiti grazie a un legato del Reverendo Don Nicola Bellesi5 I fogli erano esposti in otto grandi cornici ma con le vicende belliche e il successivo cambio di sede del Comune l’incorniciatura venne rimossa portando alla dispersione e al successivo abbandono della raccolta, per questo gravemente danneggiata, ANGELUCCI 1995, p. 172. Per il restauro eseguito presso l’Istituto centrale per la grafica di Roma si rimanda a BERNINI PEZZINI 1995, pp. 197-202. . Il materiale cartaceo, elencato per la prima volta in un articolo comparso nel 1925 su «Rassegna Marchigiana per le arti figurative», è stato oggetto di uno studio edito nel 1992, ristampato e aggiornato nel 2005, a cui si aggiunge un più recente catalogo6 Si veda DI PIETRO 1925, pp. 103-108; ANGELUCCI 1992; ANGELUCCI 2005; DE MAMBRO SANTOS 2011. .
Fatta eccezione per questo nucleo la collezione di grafica, che meriterebbe di essere ricostruita in modo accurato, si trova oggi divisa nei musei di tutto il mondo e in numerose collezioni private7 Per un elenco non esaustivo delle opere si veda DANIA 1995, pp. 11-14. . Non è raro infatti che compaiano sul mercato antiquario nuove opere di provenienza Maggiori. Quest’ultima è certificata dall’inconfondibile marque de collection del conte Alessandro che era solito apporre sul recto dei fogli (più raramente sul verso), il proprio nome spesso accompagnato dalla data e dal luogo di acquisizione8 LUGT 1956, p. 247, L. 3005b. . A queste informazioni si aggiungeva talvolta l’attribuzione vergata direttamente ai margini della figurazione. Nel caso del disegno inedito qui presentato si legge sul retro la seguente iscrizione: «Appartiene ad Alessandro Maggiori il quale lo comprò in Roma nel 1807» (Fig. 1).
La composizione tracciata a sanguigna su un foglio in carta vergellata priva di filigrane, raffigura Crono che regge il timone di una barca traghettata dalle personificazioni delle quattro stagioni mentre sulla prora giace addormentata la figura di un cavaliere che un putto sta tentando di svegliare. Il gesto di quest’ultimo è accompagnato da un cartiglio con su scritto «Tu dormis et tempus tuum navigat»9 Il motto è la rielaborazione di un brano di sant’Ambrogio (PSalmum I, 24): «Unde dicitur: Surge qui dormis. Tu enim dormis, et tempus tuum ambulat». Si veda Sancti Ambrosii Mediolanensis 1686, I, p. 747. Sant’Ambrogio commenta a sua volta un passo della lettera di san Paolo agli Efesini (V, 14) «Per questo sta scritto: “Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà”». . Sullo sfondo, alle pendici di un paesaggio roccioso, sgorga una cascata le cui acque si gettano in mare. Accanto uno scheletro giace riverso mentre un altro, alato, è appena fuoriuscito dal terreno sollevando la lastra sepolcrale. Una corona, una tiara papale e un cappello cardinalizio completano la scena. Questi ultimi attributi simboleggiano la vanità dei poteri terreni ed insieme alle altre allegorie concorrono ad inscenare un raffinatissimo memento mori. La raffigurazione è la stessa già nota tramite un’incisione di Bernard Picard realizzata intorno al 1692 da un’invenzione di Carlo Maratti10 Roma, Istituto centrale per la grafica, incisione, mm 391×271, inv. FC69785, vol. 44H21. Un altro esemplare è conservato presso il British Museum inv. 1914,0214.266, ed uno si trovava fra i lotti della collezione grafica di Sir Joshua Reynolds battuti all’asta l’8 maggio 1798, si veda GRAVES, CRONIN 1901, IV, p. 1647. (Fig. 2).
La stampa riproduce la scena in controparte con un’unica differenza nel cartiglio tenuto dal putto, nel quale non si legge la citazione da sant’Ambrogio, ma l’esortazione «excitare! jam te portus habet et aeternitas». A esemplificare con più chiarezza il senso delle immagini viene inoltre inserito, nella parte sottostante, il motto francese «Le Temps qui passe t’approche du jour tu dois rendre compte du Temps que tu auras passé», traducibile come «il tempo che passa ti avvicina al giorno in cui devi tenere conto del tempo che avrai speso».
All’incisione è stato messo in relazione un disegno già attribuito a Bernini ma ricondotto da Philip Pouncey alla mano di Maratti11 Reggio Emilia, Musei Civici, sanguigna su carta bianca, mm 358×280, inv. B22, in STOCK, SCRASE 1985, n. 33 e addenda. Si veda inoltre TORDELLA 1993, pp. 240-241; TORDELLA 1998, p. 237, tav. LII; PROSPERI VALENTI RODINÒ 2014, p. 89. fig. 22; BIGI IOTTI 2015, pp. 108-109. (Fig. 3).
Fig. 3. (verso) C. Maratti, Allegoria del tempo, ca. 1665, sanguigna su carta bianca, mm 358×280, Reggio Emilia, Musei Civici, inv. B22
Il foglio, conservato nei Musei Civici di Reggio Emilia e proveniente dalla collezione di Giulio Ferrari che nel 1895 lo descrisse come «condotto con una certa cura e con vivo sentimento»12 FERRARI 1895, p. 16. , non è altro che uno studio avanzato ma non conclusivo della composizione, conosciuta finora tramite la stampa, ma che si presenta nel disegno Maggiori perfettamente finita. Bisogna precisare che le opere non furono realizzate per essere incise ma per elaborare un soggetto destinato ad ornare il quadrante di un orologio da notte. Sul foglio Maggiori si scorge nella parte sommitale, la traccia di un semicerchio con al centro una figurazione simile ad un vasello posto in corrispondenza del disco rotante che, spostandosi lungo l’arco del quadrante, doveva scandire il susseguirsi delle ore. Si può ipotizzare che il piccolo recipiente fosse stato concepito in un primo momento per sottolineare la presenza dell’acqua, dalla quale emergeva per poi rimmergersi compiuta la sua rotazione, a simboleggiare l’eternità e la circolarità del tempo. Malgrado lo stato di conservazione non sia dei migliori, si possono riconoscere alcuni aspetti stilistici di Maratti disegnatore tipici delle composizioni finite. Rispetto alla forza espressiva del disegno di Reggio Emilia, si evidenzia infatti la maniera di contornare le figure con un tratto fermo e didascalico e il modo di ombreggiare attraverso l’uso intenso di linee parallele13 Si confronti ad esempio con un disegno del Codice Resta rappresentante la Ninfa Egeria che detta le leggi a Numa Pompilio, in BORA 1978, n. 248; PROSPERI VALENTI RODINÒ 2013, p. 88. .
Un’altra opera attribuita a Carlo Maratti come testimonia la scritta «Il Maratti fece», tra quelle note comprate dal conte a Roma in arco di tempo che va dal 1792 al 1816, fu acquistata nel 1807, ed è possibile che i fogli avessero la stessa provenienza14 Si veda DE MAMBRO SANTOS 2011, p. 105, n. 52. . Inoltre nell’elenco dei disegni di Monte San Giusto pubblicato nel 1925 a cui si è precedentemente accennato, sono registrati altri tre fogli del «Maratta» ma si presume che in origine fossero molto più numerosi15 Al n. 5 si trova elencata una sanguigna con Assunzione, al n. 41 una Testa muliebre giovanile a matita nera, al n. 66 un’altra Testa muliebre a matita ed acquerello, tutti di mano del «Maratta». DI PIETRO 1925 pp. 103-105. .
Alessandro Maggiori infatti doveva avere un particolare apprezzamento per il pittore sia perché com’è ovvio, era il caposcuola dell’accademia romana e uno degli artisti più noti della sua epoca, sia in virtù delle comuni origini marchigiane.
L’orologio notturno detto anche «della morte» o «muto» era un congegno silenzioso concepito per leggere l’ora durante la notte grazie a un lume posto all’interno della cassa, la cui luce filtrava attraverso le cifre del quadrante. Fu concepito dai fratelli Campani per il pontefice Alessandro VII che insonne, desiderava leggere l’ora anche nell’oscurità16 Non è chiaro se l’invenzione dell’orologio spetti a Giuseppe o al fratello Pietro Tommaso Campani. Il primo pubblicò nel 1660 un Discorso […] intorno i suoi muti orioli, nel quale dichiarava di essere l’ideatore del congegno ma nello stesso anno il fratello dava alle stampe una Lettera nella quale si arrogava il primato. MORPURGO 1964, pp. 32-35; CAMPANI, BEDINI 1983; GONZÀLES PALACIOS 1991, p. 151; SIMONETTI 1993, pp. 12-14; BEDINI 2005, pp. 219; CERETTI 2020, p. 82; ZANETTI 2020, pp. 53-63. Sugli orologi notturni in generale si rimanda anche al catalogo Gli orologi notturni dei papi 2007. . La cassa con una forma che richiamava quella degli altari barocchi, era arricchita di materiali preziosi come legni rari, inserti in pietre dure, bronzo dorato o tartaruga, utilizzati per comunicare un senso di incorruttibilità ed eternità17 Forma e materiali concorrevano a trasformare l’orologio in quello che è stato definito un piccolo «reliquiario del tempo». VALTERIO 2021, p. 52. , mentre la mostra, costituita da una lastra in rame, veniva spesso dipinta da artisti di fama. Filippo Lauri, Ciro Ferri, Francesco Trevisani e Giovanni Battista Gaulli sono soltanto alcuni dei pittori che si cimentarono nella decorazione di questi raffinati oggetti. Il luogo in cui la produzione ebbe origine sin dal 1656 fu la città di Roma ma molte altre manifatture italiane, negli anni successivi fino ancora al Settecento, diedero vita a esemplari di notevole qualità: a Firenze ad esempio, il pittore Andrea Scacciati, specializzato in nature morte, ornò con vasi di fiori e pappagalli numerosi orologi ricordati anche negli inventari medicei, mentre a Genova Domenico Piola e il figlio Paolo Gerolamo dipinsero alcuni modelli con elaborate scene allegoriche18 Per un ulteriore approfondimento sui pittori di quadranti attivi in Italia e sulle loro opere si rimanda in particolare al recente saggio e alle schede di catalogo di Francesco Ceretti, CERETTI 2020, pp. 81-91; 154-157, n. 20; 166-169, n. 23; 170-173, n. 24; 174-177, n. 25; 178-179, n. 26; 182-185, n. 28. .
I «notturni», unendo l’innovazione tecnologica all’aspetto lussuoso, divennero presto di gran moda tanto che papi e cardinali li scelsero sempre più di frequente come dono diplomatico da offrire ai sovrani europei19 Sugli orologi notturni come doni diplomatici si veda nello specifico GALLI 2020, pp. 93-103. . Chantelou nel suo Journal de Voyage ricorda più volte un orologio notturno donato dal cardinale Carlo Antonio Barberini a Luigi XIV: «Il cardinale Antonio ha fatto pervenire il suo orologio notturno con il dipinto di Carlo Maratta, per donarlo al Re quando fosse venuto il Cavaliere [Bernini]»20 CHANTELOU 2007, p. 341 . Il giorno successivo, il 9 settembre, si legge: «un po’ prima era arrivato il signor Magalotti che era stato incaricato dal cardinal Antonio di donare l’orologio a Sua Maestà, e lo ha fatto. Mentre il Re lo ammirava, il Cavaliere gli ha detto che il dipinto era di uno dei migliori pittori di Roma» 21 Ivi, p. 342 . Pare che il sovrano avesse apprezzato il dono ma trovandolo troppo semplice con la cassa in solo ebano, ordinò di aggiungere qualche ornamento22 «Frattanto, per richiesta del Re, è arrivato Perdigeon a vedere quale altro ornamento si potesse aggiungere all’orologio che il cardinale Antonio gli aveva donato, orologio che, a parte il dipinto, era tutto d’ebano» Ivi, p. 343. . Gonzàles-Palacios ipotizzava di identificare l’orologio in questione con uno passato da Colnaghi ed ora in collezione Rothschild23 GONZÀLES-PALACIOS 1981, pp. 87-88, n. 49; 1983, pp. 39-40; 1984, pp. 35-36, figg. 24-25, tav. IX; GALLI 2020, p. 99. (Fig. 4).
L’attribuzione a Maratti, respinta da Stella Rudolph che avanzava il nome dell’allievo Niccolò Berrettoni24 RUDOLPH 2000, pp. 213-214 , si ritiene invece vada riproposta vista la qualità della pittura e la firma del fabbricante, «Josep Campanus Inventor Roma», oltre al fatto che la monumentale cassa architettonica in ebano fu arricchita da decorazioni in bronzo dorato soltanto in un secondo momento. Inoltre la scena dipinta sul quadrante è pressoché sovrapponibile al disegno Maggiori con una vicinanza rafforzata dalla presenza della stessa iscrizione latina sul cartiglio retto dal putto. Esistono altri esemplari di «notturni da mensola» con la medesima figurazione ma nella quasi totalità dei casi non recano il motto ambrosiano o propongono la scena in controparte, fatto che farebbe pensare ad una derivazione dall’incisione e dunque ad una datazione successiva al 169225 Un esemplare in collezione privata di grande qualità è stato pubblicato in GONZÀLES PALACIOS 1984, pp. 36, 61, figg. 112-113. Un altro si trova presso la collezione dei Principi Colonna, si veda GONZÀLES PALACIOS 1991, p. 151, n. 74, tav. XXXIV; NEGRO 2015, p. 89; MARTINI 2021, p. 156. L’orologio notturno nella collezione Asprey a Londra è stato pubblicato in G. BRUSA 1978, LIV. Un orologio con figurazione simile è conservato presso il Museo Giannettino Luxoro di Genova, si veda SIMONETTI 1993, p. 12. . Fanno eccezione il grande orologio notturno conservato presso la sagrestia della basilica di S. Maria delle Grazie a Milano realizzato da Jean Baptist Gonon intorno al 168026 Si veda SIMONI 1958; PIPPA 2002, pp. 21-32. e quello custodito presso il museo Czartoryski di Cracovia27 PLONKA-BALUS, KOZIARA 2019, pp. 133, 135, n. 66. Agli esemplari citati bisogna aggiungere una versione firmata da Giuseppe Campani ma con quadrante dipinto in maniera più compendiaria esposta nel 2005 presso il Castello del Buonconsiglio di Trento, si veda LENNER 2005, p. 472, n. 178. (Fig. 5).
Quest’ultimo presenta una figurazione leggermente variata ma di una qualità riferibile a Maratti, come giustamente proposto da Petrucci28 PETRUCCI 2020..
La scogliera rocciosa (forse ridipinta nella parte centrale) è in più stretta relazione con il disegno Maggiori, poiché prosegue sulla destra a differenza dell’esemplare Rothschild dove in quel punto è del tutto assente. La torretta sulla sinistra appare invece con più chiarezza, mentre nell’orologio Rothschild, probabilmente coperta dalla cornice, non si vede; nel disegno se ne riconosce soltanto il bordo a sostenere la fiaccola delineata in alto a sinistra, omessa nella versione di Cracovia ma presente nell’incisione.
La simbologia proposta, ideale per la decorazione di un orologio, come testimonia il disegno per quadrante attribuito a Giacinto Gimignani che trae spunto dall’invenzione marattesca29 Roma, Istituto centrale per la grafica, matita e acquerello con lumeggiature a biacca su carta grigia, mm 258×337, vol. 157H6, inv. FC127239. Si veda FISHER PACE 1979, p. 32, n. 26; NEGRO 2015, pp. 88-89, fig. 22; CERETTI 2020, pp. 81-82; CIERI VIA 2020, p. 50, fig. 7. , si prestava a diventare una perfetta vanitas anche in assenza del meccanismo. Oltre ad un dipinto su rame in collezione privata romana ritenuto dalla Rudolph una replica autografa di Maratti30 RUDOLPH 2000, p. 213, fig. 10a. Si tratta forse dello stesso esemplare dipinto su rame di ubicazione ignota, un tempo in collezione Schapiro. Si segnala inoltre un disegno che ripropone la composizione conservato a Darmstadt (Hessisches Landesmuseum, inv. AE 1625). Per entrambi si veda STOCK, SCRASE 1985, n. 33. , si segnala il dipinto su tavola, di ubicazione ignota, un tempo nella collezione del pittore accademico spagnolo Josè de Madrazo (1781-1859) che nella descrizione risponde perfettamente al soggetto elaborato per i notturni31 Il dipinto di piccole dimensioni (cm 35×25) era attribuito a Giovanni Lanfranco e la figura del Tempo traghettatore era stata interpretata erroneamente come Caronte. DE MADRAZO 1856, pp. 47-48, n. 193; PEREZ-SANCHEZ 1965, pp. 164-165. .
Per comprendere a pieno il senso della complessa allegoria raffigurata nel disegno e capire la ragione della sua fortuna, bisogna guardare alla letteratura contemporanea ed in particolare alla sermonistica. Il tempo era infatti uno dei temi privilegiati nelle prediche tenute da oratori più o meno conosciuti in tutto l’arco del Seicento. Il fatto interessante è che a partire dal motto ambrosiano venga costruita la metafora della vita traghettata dalla nave di Crono, divenuta nel sentire comune il simbolo della vanità terrena. La prima menzione di questa metafora si trova nelle Prediche Quaresimali di Francesco Zappata, canonico della basilica di S. Lorenzo a Firenze nonché predicatore del Granduca Ferdinando I de’ Medici32 ZAPPATA 1602. In particolare tutta la Predica XXIX è dedicata al tempo e al suo significato, vi si legge:
Cos’è il Tempo? […] Il tempo è un torrente, che sempre precipita, è un turbine, che sempre s’aggira, è una ruota, che in se stessa sempre s’avvolge, è una saetta, che sempre vola? È un lampo che pria che si veda, sparisce, è un sogno di chi veglia, è un fumo, che si dilegua nel nascere, è una fantasima, che non sussiste, è un’ombra, che non ha corpo?33 Ivi, p. 168.
Più avanti, nell’esegesi delle parole tratte da autori antichi che ci sono occupati dell’argomento, viene dato largo spazio alla citazione ambrosiana:
O se potessi spiegare una parola di Sant’Ambrogio: Tu dormis (ò bene!) & Tempus tuum ambulat, imo volat. Ah mortali, noi siamo, come i naviganti, che dovendo viaggiare si lasciano guidare à seconda dell’acque, e dormendo viaggiano: Tu dormis, & tempus tuum non dormit. Se tu dormi, non dorme il Tempo; se tu riposi, il Tempo non riposa; se tu siedi, il Tempo corre; se tu giaci, il Tempo vola; se tu ti stanchi, il Tempo non si stanca giammai; se tu vivi in ozio, il Tempo s’affatica alla fuga:Tu dormis (ah pazzo!) Tu dormis & tempus tuum non dormit, imo volat34 Ivi, p. 169.
Il testo, edito per la prima volta nel 1602, incontrò un grande successo tanto dal venire ristampato in varie edizioni alla fine del secolo35 Si segnalano in particolare due edizioni veneziane presso la stamperia di Nicolò Pezzana del 1689 e 1691. , ed ebbe il merito di creare una serie di topoi oratori e letterari ripresi dagli autori successivi. Il dottore di Sacra Teologia Giovanni Antonio Fernandi, nella predica tenuta nella festa di san Tommaso apostolo ad esempio, ricalcava, con lievi modifiche, il discorso di Zappata36 CIANI 1673, p. 134. . Ancora nelle sue Prediche quaresimali il gesuita Michele Colomera, ricordando la brevità della gioventù recuperava le stesse metafore; in un passo ammoniva:
Chi t’addormenta le pupille per non mirare, che stai in breve per far naufragio? Io ti dirò con Sant’Ambrogio, Tu dormis, sicut dormientes in navibus, & tempus tuum ambulat? Il passeggero si mette à dormire sopra la nave, e la nave camina, oh vita nostra passeggiera infelice sù la nave rapidissima del tempo imbarcata, che con spedito corso, con arrancata voga, senza punto arrestarsi altro porto non conosce, che la sepoltura, Et tu dormis sicut dormientes in navibus37 COLOMERA 1678, p. 486.
Ed ancora più avanti «La nave vola, e tu dormi? Il tempo naviga, e ti porta alla Sepoltura, e tu tieni chiuso in profondo letargo le pupille? Tu dormis, & tempus ambulat?»38 Ivi, p. 481. –
Le stesse allegorie che accompagnano la citazione di sant’Ambrogio tornano anche nelle prediche di alcuni oratori francesi a testimoniare la loro diffusione oltralpe. In un discorso sull’eternità, pubblicato postumo, del celebre esegeta Cornelio a Lapide si legge: «Vouz dormez, dit saint Ambroise, et votre temps marche et s’en va: Tu dormis, et tempus tuum ambulat. Et où ce temps si rapidevous mène-t-il? Dans l’étenité […]»39 BARBIER 1856-1859, II, p. 128. Nel sermone del padre gesuita Claude Texier edito nel 1682 troviamo invece: «Le temps aussi de nostre vie court toujours, & ne s’arreste j’amais. Te dormis, tempus tuum non dormit, dit saint Ambroise, vous dormez, & vostre temps de dort pas»40 TEXIERE 1682, p. 16. .
Scorrendo i passi citati si comprende con più chiarezza la presenza, nel disegno e nell’incisione, di una serie di elementi solo all’apparenza secondari. La fiaccola ad esempio, arde e si consuma come la vita, e il suo fumo, richiamandosi alla Predica di Francesco Zappata, si dilegua veloce come il tempo, la cui fugacità è sottolineata dalla presenza del torrente. Il cavaliere dorme ma il suo sonno ha un duplice significato: da un lato è un ammonimento ad impiegare in modo produttivo il poco tempo che si ha a disposizione da vivi, dall’altro è una prefigurazione della morte. Soltanto dopo di essa e per suo merito infatti, inizierà la vera vita. Lo scheletro alato che esce dalla sepoltura diventa così non soltanto un mero riferimento funerario ma il simbolo tangibile della resurrezione.
Infine un’ultima precisazione riguarda l’interpretazione del putto che tiene il cartiglio. Se questo anche in assenza dei caratteristici attributi venisse considerato come Cupido, l’allegoria si arricchirebbe di un’ulteriore chiave di lettura. La raffigurazione manterrebbe comunque un senso moraleggiante e vedrebbe fronteggiarsi due divinità, mutevoli e sfuggenti, ma tradizionalmente antitetiche41 Sulla contrapposizione tra Tempo e Amore in arte e letteratura nel Seicento si veda in particolare CAPPELLETTI 2020, pp. 23-31. . La citazione ambrosiana rivolta dal dio dell’amore al cavaliere dormiente sarebbe un invito a svegliarsi e godere dei piaceri terreni, piaceri che però per loro natura sono destinati a finire travolti dall’inesorabile scorrere del tempo e dalla morte.
Carlo Maratti con queste opere si inserisce all’interno di una riflessione sul tempo che abbraccia tutto il Seicento e coinvolge a vari livelli molteplici campi del sapere, dalla scienza alla filosofia fino alle arti42 Si rimanda nello specifico ai cataloghi di due recenti mostre che hanno affrontato vari aspetti dell’argomento: La forma del Tempo 2020; Tempo Barocco 2021. . Come molti artisti suoi contemporanei primo fra tutti Bernini, ha riunito, attingendo ad una serie di fonti antiche e moderne, un insieme di allegorie radicate nell’immaginario collettivo, creando un’iconografia nuova destinata a grande fortuna e che racchiude, usando le parole di Gonzàles-Palacios, «tutto il profumo di un secolo, che come nessun altro sentì, con lirica grandezza, la caducità delle cose umane»43 GONZÀLES PALACIOS 1984, p. 61. .
Un particolare ringraziamento va a Silvia Chicchi e Mara Spaggiari dei Musei Civici di Reggio Emilia, a Renata Sawińska del Princes Czartoryski Museum di Cracovia, a Luca Somma dell’Istituto centrale per la grafica di Roma, alla Prof.ssa Novella Barbolani, al Prof. David García Cueto, a Maria Giovanna Albanese e a Umberto Egidi.
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G. Campani, Discorso intorno a’ suoi muti orioli (1660), con l’aggiunta della Lettera di Pier Tommaso Campani nella quale dimostra l’origine e l’artificio dell’oriolo, a cura di S.A. Bedini, Milano, 1983.
CAPPELLETTI 2021
F. Cappelletti, Il tempo ma anche l’amore: pseudomorfosi seicentesche fra l’Italia e il nord, in Tempo Barocco, catalogo della mostra, Roma, Palazzo Barberini, 15 maggio – 3 ottobre 2021, a cura di F. Cappelletti e F.G. Santori, Roma, 2021, pp. 23-31.
CAZORT, JOHNSTON 1982
M. Cazort, C. Johnston, [Vittorio Maria Bigari, Study for a Ceiling Decoration with Two Putti], in Bolognese Drawings in North America Collections 1500-1800, Ottawa, 1982, p. 141, n. 103.
CERETTI 2020
F. Ceretti, Pittori e quadranti. La pittura barocca nelle mostre degli orologi notturni, in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 81-91.
F. Ceretti, [Orologio notturno, Roma, 1687, Giuseppe Campani e Francesco Trevisani], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 154-157, n. 20.
F. Ceretti, [Orologio notturno con suoneria, Roma, 1685, Pier Tommaso Campani e Filippo Lauri], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 166-169, n. 23.
F. Ceretti, [Orologio notturno, Roma, 1670-1680 circa, orologiaio anonimo e Ciro Ferri], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 170-173, n. 24.
F. Ceretti [Orologio con carillon, Genova, 1670 circa, Giovanni Pietro Callin e Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 174-178, n. 25.
F. Cerretti [Orologio notturno, Genova, 1680-1685 circa, Giovanni Pietro Callin e Domenico Piola], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 178-179, n. 26.
F. Cerretti [Orologio notturno, Firenze, 1680 circa, orologiaio anonimo e Andrea Scacciati], in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 182-185, n. 28.
CHANTELOU 2007
P. Fréart de Chantelou, Journal de Voyage du Cavalier Bernin en France, in D. Del Pesco, Bernini in Francia. Paul de Chantelou e il Journal de voyage du cavalier Bernin en France, Napoli, 2007, pp. 203-495.
CIANI 1673
L. Ciani, Prediche miscellanee per l’avvento di Nostro Signore con le lodi della santa casa li Loreto […], Perugia, 1673.
CIERI VIA 2020
C. Cieri Via, Visualizzare il tempo. Idee e immagini dall’antichità all’età barocca, in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 39-51.
COLOMERA 1678
M. Colomera, Prediche quaresimali del signor abbate d. Michel Colomera da Taranto, […] Opera postuma raccolta […] dal padre fr. Gio. Battista di S. Gioseppe carmelitano scalzo, Roma, 1678.
DANIA 1995
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DE MADRAZO 1856
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DE MAMBRO SANTOS 2011
R. De Mambro Santos, Timeless Renaissance. Italian Drawings from the Alessandro Maggiori Collection, catalogo della mostra, Salem, Hallie Ford Museum of Art at Willamette University, 13 agosto – 6 novembre 2011, Washington, 2011.
DI PIETRO 1925
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FERRARI 1895
G. Ferrari, Ricerche e note: alcuni disegni del sec. XVI, XVII, XVIII, e XIX: Antonio Casotti e Bartolomeo Spani, Reggio Emilia, p. 16.
FISHER PACE 1979
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GALLI 2020
L. Galli, I notturni come doni diplomatici papali, in La forma del Tempo, catalogo della mostra, Milano, Museo Poldi Pezzoli, autunno 2020 – primavera 2021, a cura di L. Galli, Milano, 2020, pp. 93-103.
Gli orologi notturni dei papi 2007
Gli orologi notturni dei papi. Le diverse letture del tempo nella Bibbia e la loro applicazione nell’orologeria, catalogo della mostra, Vicenza, Musei Civici di Palazzo Chiericati, 27 maggio – 30 giugno 2007, a cura di C. Marte e S. Soprana, Vicenza, 2007.
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A. Gonzàles-Palacios, Avvio allo studio della mobilia italiana in Il tempio del gusto. Le arti in Italia fra classicismi e barocco. Roma e il Regno delle due Sicilie, I, Milano, 1984.
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La forma del Tempo 2020
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La misura del tempo 2005
La misura del tempo. L’antico splendore dell’orologeria italiana dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra, a cura di G. Brusa, Trento, Castello del Buonconsiglio, 25 giugno – 6 novembre 2005, Trento, 2005.
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Le Rime di Michelagnolo Buonarroti pittore, scultore, architetto e poeta fiorentino, Roma, 1817.
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ZAPPATA 1602
F. Zappata, Prediche Quaresimali, Venezia, 1602.