Un Ribera giovanile nei depositi della Pinacoteca di Siena
Tommaso Borgogelli
Se durante il suo periodo napoletano Jusepe de Ribera trattò frequentemente il tema di santa Maria egiziaca, lo stesso, allo stato attuale degli studi, non può dirsi per quanto riguarda i suoi anni giovanili nella città pontificia. All’interno del corpus dei dipinti romani del pittore di Játiva, in continua espansione in seguito al fondamentale recupero della sua grande stagione nell’Urbe operato da Gianni Papi a partire dal 2002[1] (riscoperta che ha generato una vera e propria rivoluzione nel nostro modo di intendere la pittura “caravaggesca”[2]), l’immagine della santa eremita egiziana risulta infatti assente.
Ma in realtà, almeno in un caso, anche santa Maria Egiziaca venne raffigurata dal grande spagnolo nei suoi anni romani ed una testimonianza si trova in una tela conservata, a quanto mi risulta ancora inedita e sotto un generico riferimento all’ambito italiano della prima metà del XVII secolo, nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Siena (Fig. 1)[3]. Alla sede attuale pervenne nel 1930 dalle collezioni della Galleria d’Arte Senese del Regio Istituto di Belle Arti e non è purtroppo nota la sua antica provenienza[4].
Non mi pare esistano dubbi che a Ribera e ad anni piuttosto precoci della sua parabola artistica essa debba essere riferita viste le buone condizioni conservative che permettono una piena leggibilità dell’opera e i numerosi confronti che possono proporsi.
Si pensi alla pelle umida, quasi sudata, restituita con pennellate furenti e sicurissime, simile a quella del Mendicante della Galleria Borghese, del San Girolamo Tanenbaum in deposito presso l’Art Museum of Ontario di Toronto (Fig. 2) o della versione già presso la Trafalgar Galleries di Londra (Fig. 3). In quest’ultimo è poi identico il libro con il testo indecifrabile e ridotto ad un rettangolo scuro; quasi una firma di Ribera che ritroviamo, per fare due esempi fra tanti, nel Sant’Antonio Abate del Conventet di Barcellona (Fig. 4) o nel Cristo fra i dottori di Langres.
E ancora non si potrà tralasciare la rapida e liquida resa del bellissimo teschio in primo piano: un brano altissimo che trova una perfetta rispondenza, oltre che in quello del San Girolamo ex Trafalgar, nello stesso cui è adagiata la bella Maddalena in meditazione resa nota da Gianni Papi nel 2010 (Fig. 5)[5], il cui taglio delle labbra, quasi incise, è identico a quello della protagonista del nuovo dipinto.
Ad ulteriore conferma del riferimento a Ribera della tela senese giunge inoltre un’incisione di cui un esemplare si conserva a Roma presso l’Istituto Nazionale per la Grafica (Fig. 6)[6]. Si tratta di un bulino eseguito dall’incisore francese Michel Lasne (Caen, 1590-1595 – Parigi, 1667 ca.) che replica pressoché fedelmente il dipinto che qui si presenta (costituiscono un’eccezione l’aggiunta del crocifisso e una significativa variazione nel tronco in basso a destra[7]), dove nel margine inferiore, oltre all’iscrizione che identifica la santa, viene riportata l’indicazione dell’autore dell’”inventio”: “Joseph Riberos”.
Come per tutto il corpus del Ribera romano le difficoltà di collocazione cronologica dei suoi numeri non sono poche poggiando esclusivamente sulla possibile esecuzione fra il 1614 e il 1615 del San Girolamo di Toronto (ormai da identificare con sicurezza in quello acquistato da Giulio Mancini nel 1615[8]).
Detto questo, nonostante le affinità pittoriche che legano la Santa Maria Egiziaca alla tela canadese (a proposito della quale è lo stesso Giulio Mancini ad informarci di come Ribera fosse tornato a dipingere “secondo il suo stile migliore”, ovvero quello degli esordi[9]), non mi pare azzardato proporre per il nuovo dipinto una datazione in anticipo rispetto al San Girolamo,forse fra il 1613 e il 1614; ciò visti i rapporti si possano cogliere con il più precoce e furente San Girolamo ex Trafalgar o con la serie degli Apostoli Cussida, per i quali Gianni Papi ha proposto, nella sua ricostruzione degli anni romani dello spagnolo, una datazione rispettivamente fra il 1612-1613 e il 1611-1612[10].
La nuova tela anticipa così le successive, napoletane trattazioni del tema come la redazione del Musèe Fabre di Montpellier, datata 1641, o quella, estrema, del Museo Filangieri di Napoli, del 1651 (Fig. 7), rappresentando un’importante novità per la Pinacoteca di Siena e per la città del suo primo biografo, Giulio Mancini.
MACCHERINI 1995
M. Maccherini, Caravaggio e i caravaggeschi nel carteggio familiare di Giulio Mancini, tesi di dottorato, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Parma, 1995.
PAPI 2002
G. Papi, Jusepe de Ribera a Roma e il Maestro del giudizio di Salomone, in “Paragone”, 2002, 44, pp. 21-43.
PAPI 2003
G. Papi, Ancora su Ribera a Roma, in “Les cahiers d’histoire de l’art”, 2003, 1, pp. 63-74.
PAPI 2007
G. Papi, Ribera a Roma, Soncino 2007.
PAPI 2010a
G. Papi, Ancora sugli Apostoli Cussida di Ribera e qualche altra aggiunta al suo catalogo romano, in “Bulletin de l’association des historiens de l’Art italien”, 2010, 15-16, pp. 93-104.
PAPI 2010b
G. Papi, Completando el Apostolado Cussida, in “Ars Magazine”, 2010, 5, pp. 79-89.
PAPI 2016
G. Papi, Ribera a Roma e la seconda generazione dei caravaggeschi, in Entro l’aria bruna d’una camera rinchiusa. Scritti su Caravaggio e l’ambiente caravaggesco, Napoli 2016, pp. 96-112.
PETRUCCI 2006
F. Petrucci, Seguaci del Caravaggio ad Ariccia: dai Savelli, ai Chigi alla Collezione Koelliker, in La “schola” del Caravaggio. Dipinti dalla Collezione Koelliker, catalogo della mostra, Ariccia, Palazzo Chigi, 13 ottobre 2006 – 11 febbraio 2007, a cura di G. Papi, Milano 2006, pp. 25-35.
PORZIO 2011
G. Porzio, Pittori spagnoli nella Roma caravaggesca: un bilancio, in Roma al tempo di Caravaggio: 1600-1630, catalogo della mostra, Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 16 novembre 2011 – 5 febbraio 2012, a cura di R. Vodret, Milano 2011, I, pp. 393-406.
PORZIO 2017
G. Porzio, Ribera: un’integrazione per l’Apostolado Cussida, in “Nuovi Studi”, 23, 2017, pp. 125-128.
[1] Per la riscoperta della fase romana di Ribera si vedano almeno PAPI 2001; PAPI 2003; PAPI 2007.
[2] Si vedano PAPI 2007, pp. 25-37; PAPI 2016.
[3] Olio su tela, cm 103 x 74.
[4] La tela non risulta schedata nelle edizioni del catalogo ragionato dei dipinti della Pinacoteca di Siena curate da Pietro Torriti. Le uniche informazioni si ricavano dalla scheda OA 00686861 presente nel database online dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione.
[5] PAPI 2010a, pp. 100-104; PAPI 2010b, pp. 87-89. A quest’ultimo contributo si rimanda anche per la versione del convento delle Cappuccine di Toledo ritenuta autografa da PORZIO 2011, p. 401, fig. 12.
[6] Il foglio (bulino, mm 265×195), fa parte del Fondo Corsini ed è noto un secondo esemplare conservato presso il Museo Civico di Monza.
[7] Queste variazioni lasciano aperta la possibilità dell’esistenza di una seconda redazione della tela o forse della derivazione della versione di Lasne da un’incisione autonoma di Ribera. Andrà inoltre rilevato come il foglio, rispetto al dipinto, non sia in controparte.
[8] Per l’identificazione della tela con il San Girolamo dello Spagnoletto menzionato da Giulio Mancini in una lettera del 26 giugno 1615 al fratello Deifebo (MACCHERINI 1995, pp. 142, 279), si vedano PAPI 2002, pp. 26-27; PETRUCCI 2006, p. 27 e PAPI 2007, pp. 152-153.
[9] MACCHERINI 1995, pp. 142, 279.
[10] Per l’attribuzione a Ribera e la possibile cronologia del San Girolamo ex Trafalgar si veda PAPI 2003, pp. 68-69; per l’Apostolato Cussida si vedano PAPI 2007, pp. 140-144; PAPI 2010a e PAPI 2010b. Da segnalare inoltre la recente addizione alla serie del San Giovanni Evangelista da parte di PORZIO 2017.