A proposito del rame con l’Ultima Cena di Hans Speckaert: una postilla per la derivazione iconografica
Il 30 aprile 2022 è stato pubblicato in Storia dell’Arte in Tempo Reale un interessante articolo di Simone Andreoni su un rame inedito attribuito dallo studioso a Hans Speckaert[1]. Si tratta di un’Ultima Cena che sarebbe stata realizzata dal fiammingo a olio su rame entro il 1577, con un’iconografia che ha decisamente catturato la mia attenzione. Il dipinto mostra i dodici apostoli subito dopo la proclamazione di Gesù dell’imminente tradimento che avrebbe subìto da parte di uno di loro, i personaggi, infatti, sono tutti rivolti gli uni verso gli altri nella concitata ricerca del colpevole. Giuda si offre immediatamente allo sguardo dell’osservatore, in primo piano, seduto di tre quarti con il suo attributo identificativo stretto nella mano destra, il sacchetto con i proverbiali trenta denari. Proprio la posizione di Giuda, dell’apostolo che gli è speculare sul lato destro, in torsione verso il vicino, e soprattutto la figura di Cristo con Giovanni al vertice del triangolo compositivo, mi hanno permesso di individuare quell’insieme come appartenente ad una incisione che mi era nota. Si tratta di una illustrazione a stampa di Bernard Salomon, incisore francese attivo a Lione, che nel 1553 corredò con il suo apparato iconografico una pubblicazione di Claude Paradin, edita per i tipi di Jean de Tournes: i Quadrins Historiques de la Bible, Les Figures du Nouveau Testament che constano di selezionati episodi biblici proposti non secondo le parole delle Sacre Scritture, ma condensati in pochi versi poetici in francese e dal 1554 in diverse lingue nazionali, mantenendo lo stesso apparato iconografico. L’edizione italiana del Nuovo Testamento era composta dai versi di Damiano Maraffi: Figure del Nuovo Testamento illustrate da versi vulgari italiani[2]. L’opera conobbe un vasto successo editoriale (al punto di ispirare delle imitazioni) e le invenzioni di Salomon si rivelarono tanto efficaci da essere ampiamente riprese da molti artisti in vari contesti. Sono numerosi, infatti, gli esempi di attestazioni iconografiche di quel modello sia nella produzione artigianale che pittorica: si veda il reliquiario della S. Croce di Cortona, numerose maioliche prodotte nel ducato di Urbino e alcuni cicli di affreschi tardo cinquecenteschi indagati da chi scrive nell’ambito della ricerca dottorale[3]. Un esempio noto di affreschi derivati dalle incisioni di Bernard Salomon si trova nel Palazzo Besta di Teglio in cui un intero salone è decorato con scene desunte dagli episodi biblici dell’Antico Testamento[4].
L’ultima Cena di Speckaert sarebbe successiva di circa ventitré anni rispetto al modello qui proposto, tuttavia, il confronto rende evidente la derivazione del dipinto rispetto all’incisione, inoltre non è da escludere che altre interpolazioni possano essersi collocate tra le due opere. D’altra parte, l’incisione di Salomon non è un’invenzione del tutto originale poiché a sua volta attinge ad un modello ben noto e diffuso, ossia l’Ultima Cena della serie Piccola Passione di Albrecht Dürer, stampata nel 1511 a Norimberga. Si vedano in particolare il sonno di Giovanni tra le braccia di Cristo, la prossemica degli apostoli, la loro collocazione rispetto alla mensa e in generale la gestione dello stretto spazio verticale imposto dallo specchio di stampa.
Il rame dispiega tutta la composizione con un più ampio respiro che si percepisce soprattutto nel personaggio all’estrema destra, in piedi in prossimità del mobile con le stoviglie, che propone la versione completa dell’equivalente nell’incisione di Salomon, costretto nello stretto spazio entro il margine. Il movimento dell’apostolo in primo piano a destra, con la veste rosa pallido e il manto aranciato, pare lo stesso dell’incisione, salvo che lì il braccio destro poggia sulla panca mentre nel dipinto si apre verso l’esterno. Stesso dicasi per Giuda, che nel dipinto si anima di un impeto assente nel modello, dal quale però sembra riprendere l’impostazione generale, a sua volta desunta da Dürer che lo poneva specularmente. Presenti in tutte e tre le opere i resti dell’agnello nell’ampio vassoio al centro del tavolo, e persino il lezioso dettaglio della piega della tovaglia lungo la bordatura sembra essere stato traslato da Dürer attraverso Salomon fino al dipinto. Questa derivazione iconografica sembra ben più convincente di quella identificata in Albrecht Altdorfer, al quale si farebbe risalire la composizione piramidale del gruppo composto da Gesù, Giuda e l’apostolo che lo fiancheggia a destra. La xilografia di Altdorfer sarebbe stata realizzata attorno al 1513, successivamente alla pubblicazione della Piccola Passione di Dürer alla quale probabilmente si deve la similare impostazione scenica. D’altro canto, le incisioni di Dürer ebbero un successo straordinario, con una diffusione capillare data non solo dalla circolazione degli originali dell’artista di Norimberga, ma anche da una serie infinita di repliche e contraffazioni, come testimoniato dal noto contenzioso dell’artista con Marcantonio Raimondi[5].
La circolazione delle incisioni, garantita dalla natura stessa del medium che moltiplicava le immagini e le diffondeva capillarmente, valeva a maggior ragione per quelle librarie nei volumi di formato più ridotto e dai costi più contenuti, come il caso dei Quadrins Historiques che rappresentarono una fortunatissima impresa editoriale. L’apparato iconografico era parte integrante di quel successo, dal momento che la combinazione dell’immagine con il testo poetico in volgare favoriva la comprensione dell’episodio narrato, agevolando chi non praticava più il latino e favorendo gli artisti che vi attingevano come ad un variegato prontuario iconografico. A causa della loro natura estremamente didascalica, questo tipo di pubblicazioni furono presto inserite tra i libri proibiti, ciò nonostante ebbero vasta circolazione e fama, tanto che le composizioni di Salomon riaffiorano nella produzione artistica coeva e successiva – in alcuni casi palesi, in altri timide riprese – confermandosi un modello di assoluto valore iconografico[6].
Il presente contributo si colloca nel più vasto panorama di ricerca condotta da chi scrive per la tesi dottorale nell’ambito del Progetto di ricerca Immaginare i Saperi, coordinato da Massimo Moretti in concerto con la Biblioteca Universitaria Alessandrina nella figura della direttrice Daniela Fugaro.
[1] L’articolo è stato pubblicato in Moretti, Pezzali, Sbrilli 2023, pp. 337-355.
[2] Damiano Maraffi, Figure del Nuouo Testamento, illustrate da versi vulgari italiani, in Lione per Giovanni de Tournes, 1554. L’opera si poneva in continuità con l’impresa avviata l’anno precedente con il Vecchio Testamento, prima in francese poi in volgare, per l’edizione italiana: Figure del Vecchio Testamento, con versi toscani per Damian Maraffi nuovamente composti, illustrate, in Lione, per Giovanni di Tournes, 1553.
[3] Per il reliquiario cortonese si rimanda a Moretti 2022. Un primo resoconto degli studi è confluito in Sanetti 2023, in corso di stampa.
[4] Si veda Galletti, Mulazzani 1983 e Gatti Perer 1983.
[5] Si veda Fara 2007, pp. 20-27 e Andreoli 2010, pp. 54-112.
[6] Sulle censure relative alle Figure della Bibbia si veda Fragnito 2005, p. 207
Bibliografia:
Andreoli 2010
I. Andreoli, Dürer sotto torchio: le quattro serie xilografiche e i loro riflessi nella produzione editoriale veneziana del Cinquecento, in “Venezia Cinquecento”, 2010, 19, 37, pp. 5-135.
Fara 2007
G. M. Fara, Albrecht Dürer. Originali, copie, derivazioni, Firenze 2007.
Fragnito 2005
G. Fragnito, Proibito capire: la Chiesa e il volgare nella prima età moderna, Bologna 2005.
Galletti – Mulazzani 1983
G. Galletti, G. Mulazzani, (a cura di), Il Palazzo Besta di Teglio. Una dimora rinascimentale in Valtellina, Sondrio 1983.
Gatti Perer 1983
M. L. Gatti Perer, Precisazioni su Palazzo Besta, in “Arte Lombarda”, 1983, 67, 4, pp. 6-69.
Moretti 2022
M. Moretti, «Ecce Tabernaculum Dei». Il reliquiario della S. Croce di Cortona prefigurazione della «Nuova Gerusalemme», in Del barocco ingegno: Pietro da Cortona e i disegni di architettura del ‘600 e ‘700 della collezione Gnerucci, catalogo della mostra (Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona, 18 giugno – 18 settembre 2022), a cura di R. Sebastiano, Roma 2022, pp. 109-120.
Moretti, Pezzali, Sbrilli 2023
M. Moretti, J. Pezzali, A. Sbrilli (a cura di), Storia dell’arte in tempo reale, Roma 2023.
Sanetti 2023
I. Sanetti, L’arca di Noè tra stampa libraia e pittura nelle raccolte di Francesco Maria II della Rovere, in L’immaginario della caccia e degli animali nella Libraria e nelle collezioni di Francesco Maria II della Rovere. Analisi, contesti, modelli, confronti, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Sapienza, Università di Roma, 30 e 31 gennaio 2020), a cura di Massimo Moretti, in stampa.