Caravaggio: la nuova edizione del monumentale volume di Stefania Macioce
Nella sterminata bibliografia su Caravaggio l’imponente volume di Stefania Macioce Michelangelo Merisi da Caravaggio. Documenti, fonti e inventari 1513 – 1883. III edizione aggiornata, pubblicato da Ugo Bozzi e giunto nel 2023 alla sua terza edizione, ampliata e aggiornata rispetto alla prima del 2003 e alla seconda del 2010, offre un eccellente ed esaustivo panorama del materiale documentario su Caravaggio pubblicato fino al 2021, e costituisce un fondamentale e indispensabile strumento di lavoro per qualsiasi studio sul grande pittore lombardo.
La nuova edizione si arricchisce rispetto alla precedente di 106 nuovi documenti, 22 fonti e circa 60 inventari, offrendo quindi complessivamente la trascrizione di 1100 documenti, 67 testi tratti dalle fonti biografiche, a cominciare da Karel Van Mander che scrive nel 1603, nonché una serie considerevole di inventari, una bibliografia di 200 pagine (dal 1568 al 2021) e, infine, utilissimi indici analitici.
Nel saggio introduttivo l’Autrice pone l’accento soprattutto sui nuovi documenti, scaturiti in larga parte dalla importante ricerca svolta presso l’Archivio di Stato di Roma e confluiti nella mostra romana del 2011[1] e che non avevano potuto essere inseriti nell’edizione precedente del 2010, per evidenti ragioni cronologiche. Tra questi, come opportunamente sottolinea la Macioce, particolarmente rilevante è un documento giudiziario del luglio del 1597 che colloca la prima testimonianza della presenza a Roma di Caravaggio, quando lavorava nella bottega di Lorenzo Carli, nella quaresima del 1596[2], quindi ben quattro anni dopo quel 1592 che si era fino a quel momento ipotizzato[3]. Anche pensando che il pittore sia arrivato a Roma poco prima di questa data, forse nella seconda metà del 1595, lo scarto cronologico resta comunque rilevante.
Incrociando queste date con le nuove notizie riportate dalle fonti, prima tra tutte la biografia inserita nelle Vite di Gaspare Celio, recentemente scoperte da Riccardo Gandolfi[4], si è determinato uno scardinamento nella ricostruzione della vita e delle opere dei primi anni romani di Caravaggio. Un profondo sconvolgimento che ha stimolato nuovi nuclei di ricerca che hanno cercato di revisionare e ricomporre una attendibile successione dei fatti e una nuova cronologia delle opere giovanili antecedenti al 1600, anno del debutto delle tele Contarelli.
Gli ultimi studi monografici, tra i quali il libro di Alessandro Zuccari con una parte cospicua dedicata a questo argomento[5], hanno affrontato questo problema, riuscendo a ricostruire, pur con varie sfumature, un convincente susseguirsi di eventi e, soprattutto, una razionale e attendibile datazione delle prime opere del grande artista lombardo che devono oggi essere concentrate in soli quattro anni (1596 circa -1600), invece degli otto anni (1592 – 1600) nei quali venivano scaglionate prima della scoperta dei nuovi documenti.
Certo è che la nuova cronologia del giovane Caravaggio crea un grande problema. Come si evince facilmente consultando il volume della Macioce, ad oggi non esistono notizie certe che attestino la vita e l’attività di Caravaggio tra il 1° luglio del 1592, data in cui per l’ultima volta è presente in Lombardia, e la quaresima del 1596, quando, come si è visto, risulta essere documentato per la prima volta a Roma.
Si tratta di ben quattro anni. Non pochi per un personaggio come Caravaggio, abituato a far segnalare la sua presenza, soprattutto attraverso atti giudiziari, nei luoghi in cui ha vissuto e operato.
All’assenza di documentazione si possono contrapporre solo ipotesi basate sulle notizie tramandate dai suoi primi biografi. Due finora quelle più accreditate. La prima è che in questo periodo sia stato in prigione a Milano per un misterioso primo omicidio che aveva commesso. Un fatto delittuoso ricordato da ben tre biografi secenteschi, due dei quali addirittura conobbero Caravaggio, Celio (1614)[6] e Mancini (1617-1621)[7], ai quali si aggiunge Bellori (in Baglione 1642)[8], ma di cui, malgrado le ricerche effettuate da Giacomo Berra[9], non è stato ancora trovato alcun riscontro documentario. La seconda possibilità è che in questi anni abbia compiuto il viaggio di studio a Venezia citato da Bellori[10], di cui troviamo ampie tracce nelle sue opere, soprattutto in quelle giovanili.
Per nessuna delle due ipotesi esistono conferme documentarie.
Tra le idee formulate per colmare questo “vuoto” di quattro anni, particolarmente interessante è quella che Caravaggio abbia prestato servizio come soldato, forse nella guerra d’Ungheria, che vide contrapposto l’impero austriaco ai turchi[11]. Il conflitto si svolse a più riprese, tra il 1593 e il 1606. La prima fase venne combattuta tra la primavera del 1593 e l’estate del 1595, date che corrispondono proprio all’assenza di notizie su Caravaggio.
L’ipotesi di un suo passato militare potrebbe spiegare la sua aggressività, il suo carattere violento, il suo possesso e la sua dimestichezza con le armi che lo portava ad andare in giro armato sia di spada che di pugnale, esattamente come l’assetto dei soldati in battaglia. La spada e il pugnale di Caravaggio sono schizzati nel verbale del suo arresto del 28 maggio 1605 (fig. 1 e 2)[12]. Erano armi che, come sappiamo, sapeva ben usare[13] e che saranno la causa più frequente dei suoi guai con la giustizia. Un altro elemento che potrebbe confermare questa ipotesi è la sua vicinanza con altri personaggi che risultano aver combattuto in Ungheria, come Petronio Troppa, o altri ex soldati come Onorio Longhi (1568-1619)[14] e Paolo Aldati, personaggi che, non a caso, compaiono tutti al suo fianco il giorno fatale dell’uccisione di Ranuccio Tomassoni[15].
Un altro stimolante nucleo di ricerca, anch’esso opportunamente evidenziato dall’Autrice nel saggio introduttivo, è costituito dalle problematiche scaturite dai documenti relativi agli ultimi giorni della tumultuosa vita di Caravaggio: la partenza da Napoli con la feluca su cui aveva imbarcato vari quadri presumibilmente destinati ai suoi protettori romani, lo sbarco e l’arresto a Palo, lo spostamento e la morte a Porto Ercole il 18 luglio 1610.
L’intera vicenda è stata ricostruita soprattutto sulla base delle lettere di Diodato Gentile, vescovo di Caserta, a Scipione Borghese, all’epoca Segretario di Stato del papa Paolo V Borghese, pubblicate a suo tempo da Vincenzo Pacelli[16]. Sono avvenimenti sui quali i documenti ci dicono molto, ma che presenta ancora interrogativi e problematiche di notevole interesse, ancora tutte da chiarire, che vale la pena qui sintetizzare.
Sappiamo che la feluca ritornò a Napoli con tutte le “robbe” che Caravaggio aveva lasciato sulla barca al momento dell’arresto, che furono immediatamente riportate in casa di Costanza, da cui il pittore era partito (Palazzo Cellammare a Chiaia). Ma, scrive Gentile, che era andato evidentemente subito a controllare quanto riportato dalla feluca: “ho fatto subito vedere se vi sono li quadri, e ritrovo che non ne sono più in essere, eccetto, che tre, li doi S. Giovanni, e la Maddalena”. Dalle parole del Vescovo risulta evidente che i quadri sulla barca non erano solo tre, ma erano parecchi e ben conosciuti da Deodato, il quale dai documenti risulta decisamente ben informato del prezioso carico imbarcato da Caravaggio sulla feluca.
Altro elemento importante è una lettera datata 19 agosto 1610[17], pochi giorni dopo il rientro della feluca che il Vicerè di Napoli, don Pedro Fernàndez de Castro, conte di Lemos, scrive al giudice degli affari militari e ad altre autorità dei Presidi di Toscana rivendicando la proprietà di tutto quello che era rimasto a Porto Ercole dopo la morte di Caravaggio[18]. Tra i beni rivendicati, il Conte di Lemos cita, in particolare, un San Giovanni Battista, evidentemente diverso dai due ritornati a Napoli sulla feluca e consegnati a Costanza (fig. 3).
Malgrado la testimonianza di Diodato, riferita praticamente in diretta, tutta l’ultima tragica vicenda della vita di Caravaggio e la caccia ai suoi quadri partita subito dopo la sua scomparsa, appare poco chiara e decisamente confusa.
Restano aperti una serie di interrogativi a cui finora non è stato possibile dare risposte certe: perché il capitano della feluca non attende la liberazione di Caravaggio a Palo, ma, spaventato dalla notizia dell’arresto[19], torna nella città partenopea riportando solo tre quadri e non tutti quelli che il pittore aveva portato con sé? Dove sono finiti gli altri dipinti che Caravaggio aveva portato sulla barca? Perché, dopo essere stato liberato, invece di avviarsi a sud verso Roma, sua ultima meta[20], distante solo una quarantina di km, si avvia verso nord a Porto Ercole che dista da Palo ben 116 km? E’ possibile che il suo viaggio verso la città toscana sia legato alla presenza nella zona dei Giustiniani, storici committenti del pittore, e proprietari di diversi possedimenti nell’area territoriale del porto toscano[21]? Infine, è verosimile che abbia percorso questa distanza “forse a piedi” come riporta Gentile?
E, infine, perché il Viceré cerca gli effetti di Caravaggio a Porto Ercole, rivendicandone la proprietà? Come sono arrivate le “robbe” di Caravaggio nel presidio spagnolo toscano? E’ possibile che in questa drammatica ricostruzione dei suoi ultimi giorni di vita, Caravaggio abbia portato con sé “forse a piedi” una parte dei suoi quadri? O piuttosto fu la feluca a portare nel porto toscano i beni (e i quadri) di Caravaggio?
Interrogativi cruciali che mi auguro abbiano presto una risposta, soprattutto grazie alle approfondite ricerche archivistiche in corso da parte di Francesca Curti.
Ho voluto soffermarmi, solo a titolo di esempio, sulle problematiche documentarie relative a due questioni cruciali come la data dell’arrivo a Roma di Caravaggio e i suoi ultimi giorni di vita tra Napoli, Palo e Porto Ercole, per sottolineare la fondamentale importanza dello studio approfondito dei documenti e delle fonti biografiche per chiarire vicende altrimenti impossibili da ricostruire. E’ per questo che siamo grati a Stefania Macioce per la documentazione raccolta e messa a disposizione di tutti gli studiosi nel suo monumentale lavoro, con la speranza che sia presto realizzata una apposita piattaforma digitale per la loro consultazione on line, come auspicato dalla stessa Autrice.
Rossella Vodret
[1] Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, Catalogo della mostra, a cura di M. Di Sivo e O. Verdi, Roma, Archivio di Stato, S. Ivo alla Sapienza, 2011
[2] A. Cesarini, I documenti, in “Caravaggio a Roma. Una vita dal vero”, Catalogo della mostra, a cura di M. Di Sivo e O. Verdi, Roma, Archivio di Stato, S. Ivo alla Sapienza, 2011, pp. 235 e segg. Deposizione del garzone Pietropaolo, ASR, Tribunale Criminale del Governatore, Costituti, reg. 467, cc. 201r-203v; S. Macioce, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Documenti, fonti e inventari 1513 – 1883. III edizione aggiornata, 2023, p. 99, n. 456A
[3] M. Comencini, Caravaggio e il periodo milanese: nuovi documenti sugli anni giovanili del pittore 1571 – 1592, Abbiategrasso 2004, p.58; S. Macioce, 2023, p.114, n. 394. Anche l‘ipotesi dell’arrivo di Caravaggio a Roma a partire dal 1594 – 95, legato alla presenza del suo nome in un cosiddetto Foglio delle Quarantore in cui veniva registrata la presenza di Caravaggio e di Prospero Orsi all’adorazione del SS. Sacramento esposto al Pantheon per la festa di san Luca, è decaduta dal momento che il documento si è rivelato essere invece più tardo e risalire al 18 ottobre 1597. Cfr. A. Pampalone, Caravaggio virtuoso: una leggenda, in “Caravaggio a Roma. Una vita dal vero”, Catalogo della mostra, a cura di M. Di Sivo e O. Verdi, Roma, Archivio di Stato, S. Ivo alla Sapienza, Roma 2011, pp. 46 – 53
[4] Gandolfi, La biografia di Michelangelo da Caravaggio nelle “Vite” di Gaspare Celio, «Storia dell’arte», 151/152, 2019, pp. 136-151; id, Le Vite degli artisti di Gaspare Celio “Compendio delle Vite di Vasari con alcune altre aggiunte”, Firenze 2021, p. 320.
[5] A. Zuccari, Cantiere Caravaggio. Questioni aperte. Indagini. Interpretazioni. Roma 2022; R. Vodret, Caravaggio 1571-1610, Cinisello Balsamo 2021. Tra gli ultimi studi sull’argomento si segnalano inoltre: F. Curti, “Lavorando con Tarquinio et la sera nelle botteghe” Caravaggio da Ligustri alla casa di Pandolfo Pucci: nuove proposte per i primi tempi romani, in “La luce e i silenzi. Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento”, catalogo della mostra, a cura di A.M. Ambrosini Massari e A. Del Priori, Fabriano Pinacoteca civica, Ancona 2019, pp. 138-145; R. Gandolfi, A. Zuccari, I primi anni romani di Caravaggio a Roma, in “ Dentro Caravaggio”, Catalogo della mostra a cura di R. Vodret, Milano 2017-2018, Milano 2017, pp. 249 – 260; M. Moretti, I Petrignani di Amelia. Fasti, committenze e collezioni, San Gabriele Isola Gran Sasso 2012; id. I Petrignani di Amelia nella Roma di Caravaggio: mecenatismo e committenza, in “Roma al tempo di Caravaggio. 1600 – 1630”, catalogo della mostra a cura di R. Vodret, Roma Palazzo Venezia, Milano 2012 pp. 117 – 135;
[6] Gandolfi, 2021, p. 320
[7] G. Mancini, Considerazioni sulla pittura (1617-1621), ed. a cura di A. Marucchi, con il commento di L. Salerno, Roma 1956, vol. I, p. 227
[8] G.P. Bellori, nota manoscritta in G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori, architetti, ed intagliatori, dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Roma 1642, p. 136
[9] G. Berra, Il giovane Caravaggio in Lombardia. Ricerche documentarie sui Merisi, gli Aratori e i Marchesi di Caravaggio, Firenze 2005
[10] G.P. Bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni scritte da Gio Pietro Bellori, Roma 1672, ed. a cura di E. Borea, Torino 1976, p. 212
[11] Da ultimo, cfr. R. Vodret, Caravaggio 1592 – 1596. Quattro anni di “vuoto”? in “L’archivio di Caravaggio. Scritti in onore di don Sandro Corradini” a cura di Pietro di Loreto, Roma 2021, pp. 383 – 396
[12] L’abitudine di Caravaggio di andare in giro per Roma armato di spada e pugnale è riportato in più verbali di arresto conservati presso l’archivio di Stato di Roma (cfr. Cesarini, 2011, passim). Lo schizzo di spada e pugnale si trova nel Verbale dell’interrogatorio di Caravaggio del 28 maggio 1605, Tribunale Criminale del Senatore, reg. 611, c. 145v, Archivio di Stato di Roma.
[13] Basti qui ricordare il violento scontro che nell’autunno del 1601 lo contrappose a Tommaso Salini, anche lui reduce della guerra di Ungheria e pupillo del suo nemico Giovanni Baglione. Su questa vicenda cfr. R. Vodret, Caravaggio 1592 – 1596. Quattro anni di “vuoto”?… pp. 383-396. Il 2 ottobre del 1601 Salini aveva querelato Caravaggio per averlo aggredito in Campo Marzio. Ne seguì un vero e proprio scontro armato in cui Caravaggio ebbe la meglio costringendo Salini a mettersi in salvo con l’aiuto dei vicini accorsi. Salini era presumibilmente tornato da poco a Roma dopo aver combattuto in Ungheria, non doveva essere quindi uno sprovveduto in fatto di armi. Come mai Caravaggio non solo non teme di aggredirlo, ma addirittura, secondo le testimonianze giudiziarie, riesce ad avere su di lui il sopravvento? Come mai era tanto bravo a maneggiare le armi, addirittura più di un soldato che aveva appena combattuto in una guerra? L’ipotesi che anche lui avesse avuto un addestramento militare credo che sia per lo meno legittima.
[14] Onorio Longhi aveva combattuto nella guerra tra Spagna e Francia tra il giugno del 1596 e il giugno del 1598, arruolato presumibilmente da Marzio Colonna
[15] Cesarini, 2011, pp. 266-269
[16] V. Pacelli, New documents concerning Caravaggio in Naples, in «The Burlington magazine», CXIX, 1977, pp. 819-829; Id., La morte del Caravaggio e alcuni suoi dipinti da documenti inediti, in «Studi di Storia dell’Arte», 2, 1991, pp. 167–188; Id., L’ultimo Caravaggio. Dalla Maddalena a mezza figura ai due san Giovanni (1606–1610), Todi 1994
[17] Macioce 2023, p. 287, n. 894
[18] Addirittura il Viceré acclude alla lettera un inventario, che avrebbe chiarito tante cose, ma che purtroppo è andato perduto.
[19] Lettera di Diodato gentile a Scipione Borghese del 29 luglio 1610 cfr da ultimo Macioce, 2023, p. 285, n.891
[20] La notizia che l’ultima destinazione di Caravaggio nel suo viaggio da Napoli fosse Roma è contenuta in alcuni Avvisi spediti da Roma a Urbino il 28 e 31 luglio 1610 dagli informatori del Duca di Urbino, cfr. Macioce 2023, p. 285 n. 890o
[21] S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani, Milano 2003; ead. Giustiniani, Vincenzo, Scritti editi e inediti,
Citta del Vaticano, 2021