È davvero Caravaggio il “Davide e Golia” del Prado? La pulitura del 2023 suggerisce di ricondurlo allo Spadarino
Da tempo siamo abituati agli “scherzi” che Caravaggio continua a fare agli studiosi: non solo con la scoperta di nuovi documenti che obbligano a rivedere dati considerati certi, ma soprattutto con l’emersione di nuovi autografi e con i restauri che permettono di ridiscutere la paternità dei dipinti. Ed è questo il duplice caso che si presenta oggi al Museo del Prado, dov’è esposto l’ormai celebre Ecce Homo, apparso a Madrid nel 2021 e subito considerato un originale del Merisi1 Sull’Ecce Homo cfr. in particolare M.C. Terzaghi, Caravaggio millennial. Un nuovo Ecce Homo del Merisi, in Caravaggio a Napoli. Nuovi dati nuove idee, Atti del convegno a cura di M.C. Terzaghi, (Napoli, Museo di Capodimonte, 13 – 14 gennaio 2020), in “Studi di Storia dell’Arte”, Speciali, Todi 2021, pp. 189-21; e il volume coordinato da Cristina Terzaghi, Caravaggio. El Ecce Homo desvelado, Venezia 2023. , mentre nella sala accanto troneggia l’unico Caravaggio del Prado, il Davide e Golia, restituito al pubblico dopo l’accurato intervento conservativo del 2023, diretto da Almudena Sànchez2 Cfr. https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/La-riscoperta-del-%C2%ABDavide-e-Golia%C2%BB-di-Caravaggio-al-Prado (“Il Giornale dell’Arte”, 11 gennaio 2024). .
In effetti, l’esposizione ravvicinata dei due dipinti sembra condurre a un paradosso. Osservando lo struggente Ecce Homo appena restaurato posso confermarne l’autografia, peraltro largamente condivisa. Invece il Davide e Golia madrileno, che Adolfo Venturi attribuì al pittore nel 1927 ed è ritenuto autografo da gran parte degli esperti3 Sulla vicenda critica del dipinto si veda l’accuratissima scheda in M. Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Tutte le opere, saggio critico di G.A. Dell’Acqua, estratto da I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento, Bergamo 1983, pp. 454-455. Si vedano inoltre M. Marini, Caravaggio “pictor praestantissimus”. L’iter artistico completo di uno dei massimi rivoluzionari dell’arte di tutti i tempi, quarta edizione aggiornata, Roma 2005, pp. 430-431; R. Vodret, Caravaggio. L’opera completa, nuova edizione, Cinisello Balsamo 2021, p. 158. , dopo la pulitura rivela, a mio avviso, una diversa appartenenza.
Sostando a lungo sul primo dei due quadri ho potuto sciogliere positivamente l’interrogativo che avevo lasciato aperto prima che il dipinto fosse restaurato4Cfr. A. Zuccari, Cantiere Caravaggio. Questioni aperte, indagini e interpretazioni, Roma 2022, pp. 325-329. . Infatti, la compressa e geniale composizione, la commovente “drammaturgia” dei tre personaggi, la gagliarda regia delle luci e delle ombre, l’essenziale selezione cromatica corrispondono ai caratteri tipici della poetica e della tecnica del Merisi. Di certo il dipinto ha sofferto, e lo si può costatare anche dalla radiografia riprodotta accanto; ma l’ottimo restauro gli ha restituito tutta la sua potenza espressiva, avvalorando l’inclusione di quest’opera nel dibattuto corpus degli originali merisiani.
Un’impressione del tutto diversa mi ha invece suscitato il Davide e Golia (Fig. 1), che avevo osservato varie volte anche per confermarne o meno l’autografia.
Sin da quando fu esposto alla grande mostra di New York e Napoli The Age of Caravaggio (1985) e convalidato da Mina Gregori nell’ampia scheda in catalogo5 The Age of Caravaggio – Caravaggio e il suo tempo, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art, 9 febbraio-14 aprile 1985 – Napoli, Museo di Capodimonte, 14 maggio-30 giugno 1985), a cura di M. Gregori, L. Salerno, R. Spear, New York – Napoli 1985, pp. 268-270. , ho nutrito dubbi sulla sua paternità per la composizione un po’ schematica specialmente nel corpo di Golia e per il panneggio poco naturalistico che avvolge il braccio sinistro di Davide. Ciò nonostante, l’ampio accordo degli studiosi sull’attribuzione e la mancanza di un nome alternativo mi hanno finora trattenuto dall’espungere il dipinto dal catalogo di Caravaggio6 Cfr. Zuccari 2022 (cfr. la nota 4), p. 341. .
Avvicinandomi al quadro nella sala 7A del Prado – dove il sapiente allestimento di David García Cueto gli ha dato il posto d’onore – mi è subito venuto in mente il nome di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino. Non un caravaggesco tra i tanti, ma uno dei cinque pittori che Giulio Mancini ricorda tra gli stretti aderenti alla “schola” del Merisi. Per di più lo Spadarino è oggi quasi unanimemente considerato l’autore del Narciso di Palazzo Barberini (Fig. 2) a partire dall’acuta proposta di Cesare Brandi (1973) e agli approfonditi studi di Gianni Papi7Cfr. G. Papi, Spadarino, Soncino (CR) 2003, pp. 155-160, con bibliografia precedente. .
Del resto, l’autografia caravaggesca del Davide e Golia è stata a lungo respinta o messa in dubbio da autorevoli studiosi (tra cui Friedländer, Baumgart, Lionello Venturi, Arslan, Moir)8Per la vicenda critica cfr. Cinotti 1983 (cfr. la nota 3). , ed è ancor più interessante notare che già nel 1971 Richard Spear vi aveva riconosciuto “la stessa mano” del Narciso, quadro che giudicava altrettanto problematico9 Si veda l’edizione rivista di R. Spear, Caravaggio and His Followers, New York-London 1975, p. 78. .
Indubbiamente la rimozione delle vernici ossidate e della polvere sedimentatasi permette di apprezzare meglio l’immagine, la forza del chiaroscuro, le finezze esecutive, ma anche le differenze che lo distinguono dagli autografi caravaggeschi. Rinviando ad altra sede un’analisi più approfondita, si anticipano qui alcune osservazioni.
La prima cosa che appare evidente, al centro del dipinto, è la linea scura che delimita in alto il braccio di Davide (Fig. 3), tracciata dal pittore per evitare che la cromia chiara dell’incarnato non abbia il dovuto risalto su quella della manica di camicia.
Si tratta di un espediente diffuso a cui Caravaggio solitamente non ricorreva e quando faceva uso del “disegno pittorico” per definire le forme (dai laterali Contarelli in poi), mascherava le pennellate scure con colori appropriati: si veda ad esempio il braccio sinistro della Giuditta di Palazzo Barberini laddove si sovrappone alla camicia bianca. Invece, il braccio del giovane eroe, pur ben costruito volumetricamente, dal gomito al polso crea un certo effetto di “sagoma ritagliata”.
A questo proposito sarà interessante esaminare le indagini radiografiche del Davide madrileno con quelle di opere certe del Merisi.
Un’altra differenza che salta agli occhi è negli incarnati “lucidi”, quasi sudati, che non hanno corrispondenza con le modalità con cui li dipinge Caravaggio. Basti confrontare la figura di Davide (Fig.4) con il nudo adolescenziale dell’Amor vincitore di Berlino (Fig. 5) per rendersi conto di come il pittore lombardo preferisca mantenere una certa opacità dell’epidermide, sebbene il corpo del ragazzo sia fortemente illuminato.
I punti di luce così evidenti sul ginocchio e sulla mano destra di Davide costituiscono un carattere tipico dello Spadarino e si ritrovano, ad esempio, nel Narciso, nell’Angelo custode (Rieti, San Rufo) e nel San Sebastiano di Senlis (Musée de la Vénerie). Quest’ultimo in particolare (Fig. 6) mostra delle affinità esecutive nella brillantezza dell’incarnato, nelle fitte pieghe del perizoma e nella resa essenziale della fisionomia giovanile.
A ben vedere il volto di Davide mostra notevole somiglianza con alcune figure adolescenziali di Giovan Antonio Galli ed è chiarificante il confronto col giovane Angelo della Santa Francesca Romana nella Collezione BNL di Roma (Figg. 7-8); non vi compaiono, invece, affinità con quelle eseguite dal Merisi, che illumina almeno parte del viso dei suoi personaggi per dare loro risalto plastico ed espressivo.
È inoltre inconsueto che Caravaggio metta in ombra il viso del protagonista (come avviene nel quadro del Prado forse per valorizzare lo sforzo delle membra): non a caso anche il Davide di Vienna e quello della Borghese sono in posizione frontale e hanno lo sguardo rivolto allo spettatore.
Ancor meno convincente è la figura di Golia, sia nella resa un po’ goffa del corpo, sia nella fisionomia del volto (Fig. 9).
Quest’ultimo è così minutamente descritto da apparentarsi a certe figure dello Spadarino (come il Pilato barbuto e rugoso dell’Ecce Homo passato da Christie’s nel 2009), più che alle tragiche teste mozzate del Filisteo dipinte dal Merisi.
Sicuramente qualcuno obietterà che i pentimenti emersi dalle radiografie possono essere una prova dell’autografia caravaggesca. In origine infatti, la testa del gigante aveva un aspetto orrificante (Fig. 10), con gli occhi sgranati, la bocca spalancata e i denti superiori in vista; pertanto il committente deve aver chiesto di “addolcire” l’immagine, oppure il pittore preferì correggere il quadro per renderlo più appetibile sul mercato. In ogni caso va ricordato che il Merisi non era certo l’unico a compiere vistosi pentimenti in corso d’opera ed è necessario sfatare questo topos, che ricorre troppo spesso per dimostrare l’attribuzione di un dipinto al maestro lombardo.
Con queste osservazioni e con altre che seguiranno non si intende “declassare” un capolavoro del Prado, che finalmente si apprezza pienamente nella sua composizione, nei diversi dettagli e nella sua fine esecuzione, ma riaprire un dibattito che a mio avviso non è giunto a conclusioni convincenti, come non lo erano quelle riguardanti il Narciso della Galleria Nazionale di Palazzo Barberini.
Del resto, chi scrive non è l’unico a dubitare dell’autografia caravaggesca del Davide e Golia, perché Sybille Ebert-Schifferer nelle sue monografie sul Caravaggio non lo prende in considerazione10 Cfr. S. Ebert-Schifferer, Caravaggio. Sehen – Staunen – Glauben. Der Maler Und Sein Werk, München 2019. , ritenendolo estraneo al catalogo del maestro.
Alessandro Zuccari, luglio 2024
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
R. Bosco, La riscoperta del «Davide e Golia» di Caravaggio al Prado, “Il Giornale dell’Arte”, 11 gennaio 2024
M. Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Tutte le opere, saggio critico di G.A. Dell’Acqua, estratto da I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento, Bergamo 1983
S. Ebert-Schifferer, Caravaggio. Sehen – Staunen – Glauben. Der Maler Und Sein Werk, München 2019
M. Gregori, L. Salerno, R. Spear, a cura di, The Age of Caravaggio – Caravaggio e il suo tempo, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art, 9 febbraio-14 aprile 1985 – Napoli, Museo di Capodimonte, 14 maggio-30 giugno 1985), New York – Napoli 1985
M. Marini, Caravaggio “pictor praestantissimus”. L’iter artistico completo di uno dei massimi rivoluzionari dell’arte di tutti i tempi, quarta edizione aggiornata, Roma 2005
G. Papi, Spadarino, Soncino (CR) 2003
R. Spear, Caravaggio and His Followers, New York-London 1975
M. C. Terzaghi, Caravaggio millennial. Un nuovo Ecce Homo del Merisi, in Caravaggio a Napoli. Nuovi dati nuove idee, Atti del convegno a cura di M.C. Terzaghi, (Napoli, Museo di Capodimonte, 13 – 14 gennaio 2020), in “Studi di Storia dell’Arte”, Speciali, Todi 2021, pp. 189-21
M. C. Terzaghi, a cura di, Caravaggio. El Ecce Homo desvelado, Venezia 2023
R. Vodret, Caravaggio. L’opera completa, nuova edizione, Cinisello Balsamo 2021 Zuccari 2022
A. Zuccari, Cantiere Caravaggio. Questioni aperte, indagini e interpretazioni, Roma 2022