Vai al contenuto

Il Palazzetto Farnese alla Lungara. Lettura diacronica delle fonti e delle testimonianze grafiche

Tommaso Gristina

Scritto da:

Tommaso Gristina

Portare alla luce le vicende edilizie del Palazzetto Farnese alla Lungara (Fig.1) consente di valorizzare un’area precisa del parco della Villa Farnesina, quella disposta nella zona meridionale del Viridiarum confinante con l’arteria viaria della Lungara. La struttura del Palazzetto, dalle guide di Roma di XVII secolo noto come Casino Farnese, va distinta nettamente dalla più nota Villa Farnesina e dal farnesiano Casino della Morte. I tre edifici, infatti, si distinguono per l’appartenenza a modelli strutturali differenti per conformazione planimetrica e funzioni, inoltre si innestano nell’area transtiberina in due fasi cronologicamente distanti conferendone un valore storico-culturale specifico.

Il Palazzetto Farnese afferisce alla tipologia edilizia del «Casino» che fin dal primo Cinquecento identifica un edificio rurale privodi logge aperte sull’area verde, realizzato in muratura con mattoni in laterizio e in pietra con il perimetro esterno delle pareti componenti l’architettura rivestito da intonaco, privo dunque di fregi decorativi e orpelli con finalità di allestimento edilizio[1]. La semplicità della conformazione strutturale è strettamente connessa alla funzione dell’edificio che si configurava come residenza rurale voluta nel 1493[2] dall’allora cardinal Alessandro Farnese Seniore immersa nel contesto naturale delle pendici del monte Gianicolo e sul versante destro del fiume Tevere.

Il Palazzetto costituisce un terminum post quem per l’edificazione transtiberina che conoscerà di lì a pochi anni il periodo di massimo splendore con il progetto peruzziano della Villa di Agostino Chigi (1508)[3]. L’importanza del Casino è da associare alla sua specifica storia che lo vede immerso in un processo di cambiamento morfologico dell’area che sarà poi caratterizzata dalla residenza del Chigi, fin da subito ispirata al modello del Casino in contatto con l’ideale romano antico dei suburbana.

Il Palazzetto Farnese si caratterizzava da funzioni specifiche differenti. Nacque come edificio dedicato all’otium tendente alla negazione del negotium sociale ed economico. Il cui distacco fra le due dimensioni si realizzava in un rapporto dialettico con il contesto naturale della vigna che circondava l’edificio. Alcune fonti storiche forniscono le coordinate cronologiche lungo le quali si attestano i mutamenti edilizi, indicandone le funzioni pratiche e il valore culturale dell’edificio. Si annovera, fra le prime, la descrizione di Roma diUlisse Aldrovandi[4], in cui il botanico bolognese si sofferma sull’analisi dei siti romani più conformi all’ideale di rinascenza classico-romana affermatosi maggiormente dal primo Cinquecento. Il «Giardino del Reverendissimo Farnese» è inserito nell’elenco di strutture di campagna che rievocavano la funzione dei Suburbana composti da un impianto architettonico semplice ultimato conmateriali modesti e reperiti nel luogo del cantiere. Inoltre, il motivo per cui l’Aldrovandi si sofferma su una disamina circa la Vigna Farnese, è da associare all’abbondanza di numerosi reperti antichi che la corte del Palazzetto conservava e che costituivano una sezione della grande raccolta farnesiana che proprio a partire da quegli anni iniziava a contare le unità più prestigiose[5].

Fig. 1 Prospetto orientale del Casino Farnese alla Lungara, 1493 (con sovrapposizioni edilizie del XVII e XVIII secolo)

La simbiotica coesistenza della collezione statuaria con gli edifici di quest’area ha caratterizzato l’intero contesto della Farnesina fra Cinque e Seicento sia sotto la dinastia Chigi che sotto quella Farnese. Delle opere solamente vagamente citate da Ulisse Aldrovandi nel 1556, non si è mai potuto fornire un resoconto puntuale o una descrizione che consentisse di specificare le unità raccolte nella corte Farnese del Casino alla Lungara (Fig.2). A questa mancanza di approfondimento degli studi in merito alla storia collezionistica del Casino, si interviene nella presente sede pubblicando una trascrizione inventariale dei reperti e frammenti lapidei disposti nella Corte del Cipresso del Palazzetto alla Lungara. Questo foglio inventariale è inserito all’interno del carteggio farnesiano conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli che riporta l’“Inventario dell’Argenti, Mobili et altro che sono in Roma in Palazzo Farnese mandato dal Sig. r Bartolomeo Faini. Guardaroba a di Primo Giugno 1649” (Archivio di Stato di Napoli, 1853/II). L’inventario fu redatto a Roma nel 1644 ma porta come data il 1649, anno in cui giunse all’Archivio Farnese presso Parma fra la documentazione farnesiana che dal Palazzo in Via Giulia prese la via del Ducato di Parma e Piacenza nella metà del XVII secolo così come è correttamente segnalato da Beltrand Jestaz[6]. Lo studioso francese, infatti, approfondisce un’indagine completa sulle collezioni Farnese trascrivendo proprio l’inventario del 1644 in cui riporta parte della sezione dedicata al «cortile del Cipresso». Nella presente sede si aggiungono alcune voci riprese da un foglio sciolto del medesimo inventario reperite presso l’archivio napoletano. La migrazione documentaria di molti faldoni farnesiani a partire dalla morte di Alessandro Franese Juniore (1589)[7] ha infatti comportato una difficoltà nella lettura integrale della documentazione, procurando alcune volte lo smarrimento di fogli o  letture parziali degli inventari divisi fra Parma e Napoli come nel caso del documento del 1644. 

Nella sezione dedicata all’apparato documentario del presente contributo si riporta la trascrizione di parte dell’inventario evidenziando le voci dedicate al Cortile del Cipresso.  L’apporto del documento è notevole in quanto costituisce un fulgido esempio di come un tema ampiamente indagato e approfondito dalla bibliografia critica e da contribuiti scientifici come la Collezione Farnese[8], abbia necessità ancora di essere valorizzato all’interno di contesti urbani romani poco conosciuti nell’ottica collezionistica e nella loro storia edilizia.

Sulla documentazione grafica del Casino, cinque anni prima dello scritto dell’Aldrovandi, risale la prima descrizione grafica dell’edificio: la pianta di Roma di Leonardo Bufalini (Fig. 3) datata al 1551.

Il documento indica la struttura farnesiana con «Vinea D.R.C. Farnesio» che è affiancata dalla proprietà chigiana espressa come «Vinea A.D. Ghisi», mentre sul lato Nord compaiono alcuni agglomerati indicati come «Vinea DE.R.C. Liseum S. Iacobi» che corrispondono alle strutture componenti la chiesa di San Giacomo alla Lungara.

Il Casino è reso all’interno dell’ampio spazio agricolo distinguibile da una pianta a «L» con lato lungo allineato su via della Lungara e con il vigneto che, insieme a quello chigiano, degrada verso la sponda tiberina. Quanto tracciato è il semplice profilo dell’edificio rurale con ampia probabilità estremamente vicino al progetto di papa Farnese che l’aveva commissionato cinquantotto anni prima, ancora cardinale. L’essenzialità della sua planimetria a «L» rispetta la destinazione con finalità private estranee al sistema della pubblica rappresentanza, così come prevedeva l’area rurale della Lungara del XV secolo.

Altra fonte esplicativa sull’impiego del Casino è il De Cardinalatu, (fol 73 v.)[9] di Paolo Cortese con data 1510 in cui rilascia un commento su un’ abitudine periodica del Cardinale Alessandro Farnese, ovvero la sua necessità di recarsi anche quotidianamente nel Palazzetto alla Lungara per curare malanni temporanei come raffreddori o emicrania, data la qualità definita salubre dell’aria e la possibilità di dedicare alcune ore alla cura personale.

Fig. 2 Corte interna del Casino Farnese con apertura murata tramite il Giglio farnesiano, post 1579, Casino Farnese, Roma
Fig. 3 Leonardo Bufalini, Pianta di Roma 1551, «Edita per Magistrum Leonardum die XXVI Mense Maij Anno Domini MDLI»

Quanto espresso dal De Cardinalatu permette di considerare il progetto di riqualificazione del territorio della Lungara voluto da Alessandro VI Borgia (1492-1503) e da alcuni esponenti della Curia, che della Lungara consideravano una dimensione distensiveove dedicare gli sforzi al proprio equilibrio psico-fisico[10], inclinazione di cui il Palazzetto farnesiano si fa portatore diretto.

Nell’opera di Gaspare Celio del 1638[11] vengono riferiti alcuni importanti dati circa l’area del Viridarium della Villa Farnesina ai quali si aggiunge una notizia centrale nella caratterizzazione del Casino Farnese. Il biografo tramanda che nel 1493, una volta che Alessandro Farnese si «addottorò», fece piantare un cipresso come elemento commemorativo nel cortile antistante la sua proprietà in via della Lungara.

Tale informazione, permette di valutare la funzione della struttura e il suo impiego da parte del proprietario. L’ambiente dedicato al distacco dalle complicazioni della vita affaristica e politica, viene invece sfruttato per ospitare simboli elogiativi della cultura del Cardinale.

Dei primi anni della presenza della Villa Farnesina, realizzata su un terreno attiguo al Casino Farnese che fu circondato dal Viridarium della residenza chigiana, si annovera un intervento edilizio sul Tevere nell’area ancora appartenente al Casino, suggerendo così le mire espansionistiche del Cardinale Alessandro Farnese il vecchio che, associatosi a un disegno socio-politico personale di pubblica affermazione, si trovava in una condizione sociale di intolleranza nei confronti della vicinanza di un soggetto socialmente altrettanto influente a Roma come il senese Agostino Chigi. A tal riguardo si ricorda che il cardinale Alessandro Farnese il Giovane nel Luglio del 1579 acquistò l’intera struttura della Villa Chigi sfruttando l’affermazione sociale ormai fievole della famiglia Chigi, all’indomani della morte del capostipite Agostino nell’11 Aprile del 1520[12] . L’intervento strutturale che il Farnese richiese fu la costruzione di una loggia sulla riva del Tevere, ad imitazione di quella celebre precedentemente commissionata da Agostino Chigi[13]. L’edificazione del pergolato nell’area Farnese permette di affermare come il progetto del Casino si stesse sempre più sviluppando verso una dimensione strutturale non più meramente funzionale e agricola, bensì anche particolarmente rappresentativa del potere farnesiano sulla riva opposta del Tevere. La vicinanza in linea d’aria fra il Palazzo di Via Giulia e il Casino Farnese, portò a considerare il Palazzetto come seconda importante residenza che attestava l’espansione in Roma della famiglia tuscia e il conseguente accrescimento in termini di influenza socio-politica[14].

Di tale fase il documento grafico che sintetizza gli sviluppi strutturali è la mappa dell’Urbe di Stefano Du Pérac (Fig. 4) datata al 1577.

L’area interessata appare suddivisa in tre sezioni: la prima comprende sul lato Sud la struttura del Casino al quale è accorpato un secondo corpo adiacente a via della Lungara, la seconda un giardino recintato che, estendendosi verso Sud, arriva a confinare con le Mura Aureliane – tratto di Mura che tutt’oggi è conservato nell’area del Parco della Farnesina – e, infine, un orto che si estende oltre il recinto che comprende il Palazzetto e termina verso la riva del Tevere.

Nella Seconda metà del Cinquecento, dunque, il Palazzetto conosce un interessamento maggiore rispetto ai decenni precedenti, così come si evince dall’aggiunta di alcune sezioni strutturali che vengono evidenziate da muri circondariali i quali garantiscono l’impiego del Casino come Villino separato dalla funzione esclusivamente agricola. Il Palazzetto appare conforme al modello architettonico di cascina rurale residenziale con affaccio sulla Lungara, mentre la vigna rappresenta la sezione dedicata allo sfruttamento agricolo.

Ad acquisto dell’area Chigi avvenuto nel 1579, l’edificio sarà interessato da ampliamenti non solo in aree precedentemente non pertinenti i Farnese, bensì anche in alzato con la conseguente moltiplicazione di ambienti.

Fig. 4 Etienne Du Pérac, Nova Urbis Romae descriptio 1577.

Di questi sviluppi, ne lascia nitida memoria la Pianta di Roma di Antonio Tempesta (Fig. 5) datata al 1593. Il Casino è caratterizzato da una rappresentazione dettagliata delle articolazioni annesse al corpo primordiale dell’edificio, come l’aggiunta rivolta verso la Farnesina e i perimetri circondariali che scindono l’area agreste sfruttabile da quella propriamente abitabile. In aggiunta, si evidenzia un elemento architettonico che per la prima volta spicca a compimento dell’ala rivolta verso il Tevere, quale una torre a pianta quadrangolare dotata di tre aperture arcuate. L’inserimento di una struttura turrita dall’apparenza fortificata è sintomo di una funzione pubblica di cui il Cardinal Nepote Farnese aveva già iniziato a farsi promotore proprio con la valorizzazione dell’area del Casino rurale. La torre, infatti, garantisce una facies imponente e allude a una forma ostentativa del potere del Cardinale che manifestava la sua presenza politica tramite un’architettura solida, compatta e dall’aspetto consono a altre strutture che appartenevano alla categoria difensiva dell’area circostante il Casino, quali le Mura Aureliane che chiudevano a Sud l’area Farnese e la Porta Settimiana adiacente ad esse.

La mappa di Tempesta, inoltre, registra un secondo ordine con quattro assi di finestre sul fronte.

Altri due documenti vengono annoverati per certificare l’attività nell’area della Vigna Farnese nella fase matura dell’espansione dinastica. Si ricorda un disegno progettuale pubblicato da Coffin[15] che attesta la realizzazione di un pergolato, su progetto grafico di Iacopo Meleghino, come elemento di espansione dell’edificio in esame che tramite l’entità aggettante dell’innesto architettonico, garantiva un ampliamento in metratura quadra dell’area interessata. Il tardo XVI secolo è il lasso temporale in cui si inserisce il più vigoroso mutamento in termini di adopero del Casino come residenza rurale interessata da funzioni di rappresentanza condivise col Palazzo familiare di via Giulia.

La conseguenza maggiore che il cambio d’uso della struttura agricola comportò, a livello architettonico, un processo di innestamento sul nucleo primordiale dell’edificio con planimetria a «L» di un insieme di strutture: un fabbricato aggiuntivo sulla zona settentrionale del Casino (rivolta verso Villa Farnesina); un’articolazione di nuclei verso l’area della Corte del Cipresso e una sezione circondata da mura perimetrali che contribuirono alla dimensione fortificata del Palazzetto scisso dall’area destinata alla vigna digradante verso il fiume Tevere. Altri due interventi strutturali di importanza cruciale circoscritti fra il 1577 e il 1593 sono l’inserimento di un livello superiore in alzato e l’innesto di una struttura turrita rivolta verso l’area verde circostante.

Fig. 5 Antonio Tempesta, Veduta di Roma, 1593.

L’area transtiberina, nella prima metà del Seicento, non venne interessata da particolari modifiche a livello morfologico e edilizio in conformità con lo spostamento dell’interesse dei Farnese (post 1589) verso le proprietà centrali di rappresentanza della dinastia come il Palazzo Farnese, i Campi Vaccini, Villa Madama e gli Horti sul Palatino[16] .

Lo stato di stallo rispetto i processi costruttivi del secolo precedente, è testimoniato dalla Mappa di Roma realizzata da Giovanni Maggi nel 1625 (Fig. 6). Si riconosce il corpo centrale del Palazzetto la cui facciata è dotata di due assi, il primo di cinque e il secondo di tre finestre, che si affacciano su via della Lungara, la torre quadrangolare con tetto a spioventi sulla sezione terminale dell’ala rivolta verso il Tevere, un fabbricato realizzato nella zona Nord verso la Villa Farnesina e, infine, il vigneto che si estende fino al fiume. La mancanza di variazioni del terreno Farnese non deriva esclusivamente dall’effettiva mancanza di interventistrutturali, bensì anche dalla minuzia descrittiva della Mappa di Antonio Tempesta (1593) sulla quale quella del Maggi si fonda riprendendone le sezioni principali e non apportando, dunque, novità salienti.

Per assistere a un decisivo cambiamento di facies, bisogna attendere il 1676 anno in cui la struttura in analisi diviene un edificio a blocco composto dal corpo cinquecentesco preesistente e da quello della Fine del XVII secolo che verrà innestato sul fabbricato. Per comprendere adeguatamente le novità strutturali, si può analizzare la Mappa di Roma di Giovan Battista Falda, con data 1676 (Fig. 7), in cui si registra la presenza di un fronte verso il Tevere arretrato rispetto al filo della torre e con un’ala più stretta e più lunga[17]. Ciò comporta la formazione di un’architettura a blocco dotata  di una corte centrale compresa fra la sezione cinquecentesca e quella secentesca. L’edificio, nella mappa del Falda, risulta allineato su via della Lungara con un prospetto a sette assi di finestre (numero maggiore rispetto alla struttura di impianto cinquecentesco), affiancato da un altro fabbricato sul lato Nord, già realizzato fra il 1579 e il 1590, che presenta un solo piano con un prospetto sull’arteria viaria caratterizzato da quattro bucature finestrate.

La planimetria a «L» con la quale il Casino era stato inaugurato, dal 1676 muta totalmente in favore di un complesso turrito caratterizzato da una planimetria a «C» composta dall’articolazione di più blocchi che creano un insieme di strutture, le quali in maniera stratificata ricoprono gli sviluppi edilizi di quasi due secoli.

Il Palazzetto farnesiano, alla data del 1676 era una depandance ufficiale della Farnesina, divenuta luogo prediletto di passaggio non solo per illustri ospiti della famiglia, bensì anche per artisti, scrittori e poeti che della Villa e del Casino lasciarono vivido ricordo nelle «Guide di Roma» e negli scritti dei primi viandanti del Grand Tour[18]

Durante il secolo XVIII il Casino Farnese viene interessato da un ulteriore metamorfosi di uso e, conseguentemente, architettonica che dipendono dal variato tessuto politico e dinastico che coinvolge la dinastia Farnese. Nel 1735 Carlo III di Borbone, succeduto a sua madre Elisabetta Farnese alla gestione delle proprietà e del potere farnesiani, fondò nella villa cinquecentesca la Reale Accademia degli artisti napoletani a Roma in conformità con la sua Politica culturale di appropriazione delle strutture socio-politiche farnesiane rappresentate da edifici storici a Roma, Parma e Piacenza[19]. La Farnesina divenne così il luogo deputato allo studio dell’Antico data la ricchezza statuaria e l’alta qualità della stessa conservata nell’edificio e all’analisi della pittura cinquecentesca dei grandi maestri divenendo così un sito ove apprendere in maniera immersiva attraverso una tecnica emulativa dell’Antico e del Moderno.

Fig. 6 Giovanni Maggi, vista di Roma,1625.
Fig. 7 Giovan Battista Falda, Nuova Pianta et alzata della città di Roma, con tutte le strade, piazze, et edifici de tempii: palazzi, giardini et altre fabriche antiche et moderne come si trovano al presente nel pontificato di n.s. papa Innocenzo XI con loro dichiarationi, 1676, Particolare.

L’oramai ex Casino Farnese, persa la sua funzione di casina rurale e di locus bucolicus dato anche l’incremento del tasso abitativo e dell’attività edilizia nell’area della Lungara e di Trastevere[20], fu così destinato a funzione abitativa come foresteria col fine di accogliere gli allievi dell’Accademia. Alla data del 1735, la conformazione architettonica del Casino era mutata e aveva assunto nuovi spazi che furono pienamente sfruttati e occupati dai giacigli degli studenti che, tuttavia, continuavano a godere di quella simbiosi fra parco e anticaglie disposte in esso secondo la storica tradizione del sito avviata proprio da Paolo III[21]. In questa fase le dimensioni del Palazzetto raggiunsero l’estensione maggiore, così come può essere ammirata dalla celebre Mappa di Roma di Giovan Battista Nolli del 1748 (Fig. 8), fondamentale per le future attività catastali dello Stato Pontificio, poi istituzionalizzate dal Regno d’Italiadopo il 1861.

La struttura si configura come un ampio edificio pluriarticolato che si affaccia su via della Lungara con un fronte continuo allineato al filo della strada parallela alla struttura. Il retro di essa si articola con nuclei sporgenti di diversa ampiezza da riconoscere con la torre tardo cinquecentesca e l’inserimento di un corpo simmetrico a quello a «L» di fase originaria, aggiunto a partire dal 1676.

Rimanendo nel XVIII secolo, un altro studioso che rappresenta una constatazione concreta e attendibile dell’area interessata, è Giuseppe Vasi che nel 1754 realizzò la veduta del Giardino Farnese dal Tevere (Fig. 9). Si tratta di una delle rese grafiche migliori del sito che coinvolge, oltre la Farnesina, anche il Palazzetto Farnese e, sullo sfondo, il Palazzo Corsini come maestosa quinta teatrale.

Dell’ex-Casino spicca la torre quadrangolare che sovrasta la costruzione, mentre le finestre centinate conferiscono luminosità al vano scala. Inoltre, Vasi permette di evidenziare la perfetta continuità del parco fra le due proprietà affacciate sul Tevere avvalorandone un’interdipendenza Accademia Reale-Palazzetto degli Allievi accademici. Il perimetro della proprietà borbonica verso il Tevere è delineato da un rettilineo murario di altezza minore della metà dei muraglioni che di lì ad un secolo porteranno alla decurtazione del parco dell’Accademia.

Il secolo XIX vide il Casino Farnese acquisire due funzioni specifiche e differenti fra la prima e la seconda metà del secolo. Fino al 1860 il Palazzetto era ancora residenza ospitante gli Allievi della Real Accademia d’arte del Regno di Napoli, mentre dal 1861 fu adoperato come struttura afferente ad una realtà privata. Circa quest’ultimo proposito, alle vicende ottocentesche del Palazzetto si associa la figura del Duca di Ripalda Salvador Bermudez de Castro, che sfruttò il suo rapporto con l’esiliato re napoletano Francesco II di Borbone per ricevere benefici sociali e una struttura di rappresentanza come la Farnesina.

De Castro fu Ambasciatore del Regno di Spagna presso il Regno di Napoli e uomo di fiducia di Francesco II di Borbone che come alta forma di riconoscimento della fedeltà del Duca, stipulò un contratto di enfiteusi della durata di novantanove anni con Bermudez De Castro per l’acquisto della Farnesina. Alla fine del lasso di tempo indicato dal contratto, gli eredi del nobiluomo spagnolo avrebbero potuto riscattare con un’ultima quota maggiorata di prezzo l’edificio e diventarne ufficialmente proprietari[22].

Fig. 8 Mappa di Roma, Giovan Battista Nolli, 1748, Particolare.
Fig. 9 Veduta del Giardino Farnese a Trastevere, Giuseppe Vasi, 1754.

Il Duca ebbe un approccio conservativo verso l’Area della Farnesina che versava in condizioni di semi abbandono e inutilizzo dadiversi decenni. Gli interventi furono di natura tutelare, di restauro e di rinnovo delle due aree, il vecchio Casino Farnese e la dimora di antica commissione chigiana[23]. Si deve al Duca di Ripalda, per quanto concerne la Farnesina, la modernizzazione degli ambienti divenuti nuovamente dopo decenni grandi saloni di rappresentanza e il cambio di funzione delle stanze. Per il Palazzetto e il suo stato conservativo analizzato approfonditamente nel periodo ripaldiano, si cita il «Rapporto sullo Stato della Fabbrica in viadella Longara in uso dei Pensionati del Regno delle Due Sicilie»[24] dell’architetto Antonio Sarti in cui si denuncia una condizione definibile fatiscente dell’edificio del tardo Quattrocento che appariva come un insieme di aggiunte disomogenee di fabbricati degli anni compresi fra il XVII e il XVIII che avevano deturpato la facies originaria.

In concomitanza con Antonio Sarti lavorò in Farnesina Antonio Cipolla che curò il progetto del Duca di Ripalda afferente alle attività di ripristino totale delle funzioni strutturali a partire dall’area verde della Farnesina fra il 1863 e il 1866. Così, il progetto di Cipolla coinvolse il Palazzetto dei Pensionati che fu decurtato di una sezione estesa verso Nord realizzata nella fine del XVI secolo (mappa del Tempesta, 1593). Questo intervento fu funzionale alla realizzazione dell’accesso su via della Lungara che conferiva un effetto visivamente impattante in quanto consisteva in un’apertura caratterizzata da un imponente cancello in ferro battuto che si apriva sul prospetto principale di Palazzo Corsini. Dunque, in un processo di renovatio dell’area transtiberina e della proprietà Borbone, la realizzazione di una struttura d’accesso garantiva l’invio chiaro del messaggio di riappropriazione di un sito abbandonato e del rinato interesse per una proprietà borbonica in una fase di declino per la dinastia che a Roma riusciva però a garantirsi un ruolo sociale privilegiato prima del crollo dello Stato Pontificio nel 1871.

Per completezza d’indagine a riguardo delle fasi edilizie e di sfruttamento del Casino nel periodo pre- ripaldiano, si introduce un documento inedito conservato in un faldone contenente un gruppo di missive scambiate fra la Maggiordomia Maggiore di Casa Reale impegnata nella gestione della proprietà della Farnesina e la sede centrale Napoletana del Regno. Il faldone, conservato all’Archivio dell’Accademia Nazionale Dei Lincei e Biblioteca Corsiniana, continene una corrispondenza inedita fra il Maggiordomo Maggiore e sovrintendente della Casa Reale di Napoli e l’agente regio della Farnesina Giovanni Cataldi in merito alla stipula di un contratto d’affitto del cortile del Palazzetto dei Pensionati. Si tratta di una lettera del 1846 di  Giovanni Fratellini, imprenditore romano nel settore della produzione e distribuzione di cera, intento a richiedere agli agenti borbonici l’usufrutto dell’area del Cortile del Palazzetto per via del suo confinare con le strutture adibite come azienda del Fratellini. La missiva costituisce un raro documento che informa sulle funzioni dell’edificio ad uso Pensione accademica, con una preziosa planimetria dell’area dell’ex Casino farnesiano, delle sue pertinenze e della struttura del Casino Farnese (Fig. 10). La mappa planimetrica riporta su lato Sud (verso Porta Settimiana) gli ambienti costituenti la cereria Fratellini corrispondenti le strutture quattrocentesche sorse nella fase farnesiana dello sviluppo edilizio di Trastevere e oggi sede della John Cabot University, che confinavano con il giardinetto dei Pensionati, richiesto in affitto nella missiva inviata dal Fratellini all’agente borbonico come spazio aggiuntivo della Cereria di famiglia. A terminare la planimetria sulla destra, si scorge il giardino segreto aperto sul prospetto meridionale della Villa Farnesina e, infine, la struttura della Farnesina come settecentesca accademia di belle arti borbonica.

Fig. 10 Mappa Area Palazzetto dei Pensionati confinante con la cereria Giovanni Fratellini sul lato Sud del Casino, 1846, AAI, Ufficio Pubblicazioni, b.33, fasc. 122, fasc. 7, Archivio Borbonico

Dell’impiego dell’edificio in esame nella fase matura del XIX secolo, con l’avvento di Bermudez De Castro, si valuta la struttura quale entità secondaria identificabile come depandance priva dell’implicazione ufficiale che rivestiva la Villa Farnesina in Enfiteusi al Duca.

Ad avvenuta cessione della Farnesina al Duca di Ripalda da parte del Re Federico II Borbone, l’intero sito muta uso e con esso affronta un insieme di necessari interventi strutturali il cui fine era quello di riportare in auge un edificio che versava in condizioni fatiscenti, così come erano giudicate dal Maggiordomo Maggiore di Casa Reale.

Gli interventi strutturali più importanti furono finalizzati in primis a un riadattamento del sistema fognario, idrico e elettrico che perseguiva l’obiettivo di conferire nuova funzionalità a una struttura ad uso domestico, con un ripensamento delle destinazioni degli ambienti della Villa impiegata come residenza di           rappresentanza. In questo frangente, dunque, il Palazzetto dei Pensionati era divenuto una pertinenza di servizio e di impiego per l’attività nel parco all’Inglese, quale il viridario farnesianoera stato trasformato.

Il Palazzetto fu decurtato del nucleo settentrionale della struttura col fine di consentire lo sfondamento del perimetro murario e la conseguente apertura di un ingresso su Via della Lungara che consentisse un più rapido accesso all’edificio sul prospetto Sud, ovvero dove il Duca aveva fatto realizzare dall’architetto Antonio Cipolla la nuova foratura come porta principale della Villa fra il1861 e il 1863.


Apparato documentario. Trascrizione dell’inventario farnesiano

 «Inventario dell’Argenti, Mobili et altro che sono in Roma in Palazzo Farnese mandato dal Sig. r Bartolomeo Faini. Guardaroba a di Primo Giugno 1649» (Archivio di Stato di Napoli, 1853/II). [L’inventario fu stilato nel 1644 a Roma e poi confluito nei faldoni Farnese nel 1649 presso Parma, da qui la doppia datazione]

Nel giardino di Trastevere (oggetti di uso quotidiano)

Una tavola da piegare in due pezzi bandellata e due trespidi per piede.

Quattro sedie vecchie di corame a braccio con chiodatura nera e frangia alta di seta rossa.

Una seggetta col vaso di rame con coperta di damasco rosino, vecchia assai, e orinale con veste di paglia fina.

Due banchetti bassi per tenere sotto vasi.

Un letto di banche e tavole.

Due matarazzi et un capezzale di lana.

Un pagliariccio.

Due coperte di lana.

Sei lenzuoli.

Due scale a cavalletto, una delle quali è grande, con le ruote torte e ponte di sopra per le spalliere.

Tre scale a piroli ordinate.

Quattro para di forbici per tosar le spalliere.

 Tre zappe da taglio e due da punta.

Quattro zappetti.

Due vanghe.

Quattro pale.

Una sega da alberi.

Due botti vecchie.

Un imbottatore vecchio.

Quattro mastelli a mano, due de’ quali cerchiati di ferro.

Un mastello grande da portar a stanghe.

Una barella nova.

Una carriola.

Una forcina di ferro con suo manico.

Una brocca di rame con il suo naso da inacquare.

Un secchio da tirar l’acqua dal pozzo de cedri ferrati.

Altri ferri per fornire un secchio simile.

Una catena da tener ligata la barca.

Una girella d’ottone con sua chiavichia di ferro. 

Quattro punte di ferro a cinque rampini.

Una girella con suo cavicchio et armatura di ferro.

Cinque maracci vecchii.

Due salescendi grandi, un paletto, un bracciolo et altri ferramenti per una porta.

Due chiavi d’ottone da fontana.

Cento libre in circa di piombo in condotti vecchi.

Due para di forbici vecchie.

Due rastelli di ferro.

Due canapi da traversare il fiume, uno in opera e l’altro sotto la loggia.

Una catena di ferro di stendino in più pezzi, attaccata al muro del giardinetto secreto, che tiene la corda della barchetta che traversa il fiume.

Due vasi di mezza soma di limoncelli.

Venticinque vasi di gelsomini di catalogna.

Due vasi d’oliva.

Un vaso con piante di gelsomini gialli.

Nel Giardino di Trastevere (Opere Marmoree)

Una statua di Donna abbozzata.

Due simili unite abbozzate.

Un pilo grande quadro tutto d’un pezzo.

Un pilo rotto con due leoni dalle teste.

Un pilo a uso di conca.

Un vaso lavorato di basso rilievo sotto la fontana dalla testa grande.

Una testa grande col busto sopra detto vaso che butta acqua per la bocca.

Un pilo figurato di basso rilievo rotto in mezzo.

Due pezzi di marmo, uno sotto detto pilo e l’altro dall’altra parte della porta.

Un pilo ovato historiato a figure di basso rilievo e due teste di leone.

Un pilo di selce con due mascaroni di leone con una testa d’idolo in mezzo.

Un pilo scannellato con tondo in mezzo, con due mezze figure di basso rilievo ed Amorino sotto.

Un pilo quadro scorniciato con lavoro tondo alle teste.

Un pilo sotto alla fontana della Venere lavorato di bassorilievo con Donne, huomini et putti.

Una Venere dal mezzo in su ignuda, con due cocchiglie in mano e vestita dal mezzo in giù.

Due pili scannellati con con due teste di leone

Una statua d’Huomo a giacere, nudo, con tazza in mano.

Una statuetta d’Huomo barbato a giacere mezzo coperto di tartaro.

Uno pilo grande lavorato a basso rilievo di poco momento.

Cinque pezzi di tevertino lavorato, scorniciato per finire un camino

Un pezzo di colonna di porfido longo palmi 3, grossa 2 ½ in circa.

Un capitello di colonna di marmo alto palmi 2 ½ in circa.

Un pezzo di colonnetta longo palmi 8 in circa, grosso 1, di breccia bianca grossa.

Una tavola di marmo longa palmi 12, larga 4, con suoi piedi di marmo con zampe di leone e gigli, nella loggia della Galatea.

Un pezzo dio marmo giallo longo palmi 14, largo 4, alto 2.

Un pezzo di colonna scannellata del medesmo marmo, longo palmi 7, grosso 2 ½.

Un altro pezzo simile longo palmi 5.

Un pilo scannellato longo palmi 10.

Nel cortile del  Cipresso della Lungara

Un pilo di marmo longo palmi 8, alto 2, largo 3 in circa, scannellato, con una cartella nella parte davanti senza lettere e un buscio tondo nel fondo.

Un altro pilo liscio longo palmi 8, largo 4, alto 3 in circa, pieno di terra.

Una colonna longa palmi 23 in circa, grossa 3, con lettere greche, rotta per mezzo.

Un’altra simile longa palmi 18, grossa 3, con le medeme lettere greche.

Un altro pezzo di colonna di medema grossezza, longo palmi 6 in circa.

Due pezzi di africano.

Diciassette pezzi di marmo di diverse grandezze in parte lavorati a cornici e mensole.

Due pezzi di marmo lavorati longhi palmi 7 in circa, larghi 6, si crede servono per coperchii de’ pili.

Tre base di marmo larghe palmi 3 in circa, in qualche parte rotte.

Due pezzi di marmo, un grosso, l’altro più piccolo, vicino alla porta della Lungara.

Un pezzo di marmo giallo scannellato, longo 4 palmi, largo 2 ½ in circa.

Un altro simile mezzo sotterrato.

Una (colonna) di granito longa palmi 12, grossa 1 ½ in circa.

Un pezzo di travertino con cinque faccie longo palmi 3 ½ a uso di base.

Un sedio di travertino corniciato sotto al pilo all’uscire della porta del giardino a mano manca.

Un altro pezzo di travertino scorniciato longo palmi 3.

Nel cortile del palazzo de’ Ghisi

Un pezzo di colonna di granito longo palmi 3, largo 2 in circa.

Un altro pezzo simile.

Un capitello piccolo di marmo rotto.

Un pezzo di colonna palmi 1 ½ longa, rotta.

Una base quadra di palmi 4, alta palmi 2 ½ in circa.

Una colonna longa palmi 8 in circa, grossa 1.

Otto pezzi di marmo di diverse grandezze e grossezze, parte lavorate a uso di cornice

Una colonna di marmo longa palmi 6, grossa 1 in circa.

Un pezzo di marmo biscio mezzo tondo.

Un pilo rotto vicino al pozzo, longo palmi 7, largo  2, alto 2 ½ in circa.

Una colonna longa palmi 8, grossa 1, vicino alla stalla.

Un pezzo di marmo biscio longo palmi 2 ½ in circa, largo 2, alto 1 ½, nel cortile del fenile.

Un pezzetto di marmo bianco alto palmi 2 con due stelle.

Molti pezzi di marmo grandi, intagliati con festoni et altri intagli, sono li medesimi che servivano alla sepoltura di Papa Paolo 3°.


Bibliografia

ALDROVANDI 1556

U. Aldrovandi, Delle Statue Antiche che per tutta Roma, in Diversi Luoghi e Case si veggono, in L. Mauro, Le Antichità della città di Roma, Appresso Giordano Ziletti, Venezia 1556. 

AGAZZI 2018

D. Agazzi, Una dimora Boschiva del XVIII secolo: il Casino di Caccia «Canaletta» a Nembro, Bergamo 2018.

BARTALINI 1996

R. Bartalini, Le occasioni del Sodoma: dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma 1996, pp. 38-86.

BORSELLINO 1988

EBorsellino, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un Cantiere, Fasano 1988.

CALLARI 1934

L. Callari, Le Ville di Roma, Roma 1934, pp. 201-209.

CANTIMORI 1963

D. Cantimori , Questioncine sulle opere progettate da Paolo Cortesi in Studi di bibliografia e storia in onore di Tammarro de Marinis, I, Verona 1963, pp. 278-279.

CAPERNA 2021

M. Caperna, La Lungara. Storia e Vicende Edilizie dell’area tra Gianicolo e il Tevere. Vol. II, Roma 2021.

CELIO 1967

G. Celio, Delli Nomi Degli Artefici delle Pitture che sono in Alcune Chiese, Facciate e Palazzi di Roma, Roma, 1638. Edizione a cura di E. Zocca, Roma 1967 [1638].

COFFIN 1979 

D. Coffin, The Villa in the Life of Renaissance Roma, Princeton 1979.

CORTELLAZZO -ZOLLI 1988

M. Cortellazzo-P. Zolli, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Bologna 1988.

CORTESI 1510

P. Cortesi, Libri Sententiarium, (Voll. I-IV), Vol. II, Roma 1510.

CUGNONI 2021

A. Cugnoni, Agostino Chigi il magnifico: note al Commentario di Alessandro 7. sulla vita di Agostino Chigi / GiuseppeCugnoni; indici a cura di A. Pontecorvi; introduzione di P. Procaccioli, Roma 2021 [1883].

DE FRANCISCIS 1944-1946

A.De Franciscis, Per la Storia del Museo Nazionale di Napoli, Archivio Storico per le Provincie Napoletane 30, Napoli 1944-1946.

DIONISOTTI 1967

C. Dionisotti , Chierici e laici, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino 1967, pp. 66-68.

FINOCCHI GHERSI 1987

L. Finocchi Ghersi, Roma. Farnesina Chigi. Le Stalle, in «Ricerche di Storia dell’Arte», 31, 1987, pp. 105-106.

FORNARI SCHIANCHI 1995

L. Fornari Schianchi- N. Spinosa, I Farnese Arte e Collezionismo, Milano 1995.

FROMMEL 1961

C.L. Frommel, Die Farnesina und Peruzzis architektonisches Fruhwerk, Berlino 1961.

FROMMEL 1973

C.L. Frommel, Die Romische Palastbau der Hochrenaissance, Tubinga 1973.

FROMMEL 2003

C.L. Frommel, La Villa Farnesina a Roma, Roma 2003.

FROMMEL 2014

C.L. Frommel, La Villa Farnesina a Roma, Modena 2014.

GARRIS WEIL-D’AMICO 1980

K. Garris Weil- J.F. D’amico J.F. ,The Renaissance Cardinal’s Ideal Palace. A Chapter from Cortesi’s ‘De Cardinalatu’, in «Mem. Of the American Acad. In Rome», I, 1980, pp. 227-238.

GASPARRI 2009

C. Gasparri, La Collezione Farnese, Napoli 2009.

GASPARRI 2009

C. Gasparri, Le Sculture Farnese. I Ritratti, Napoli 2009.

GASPARRI 2009

C. Gasparri, Le Sculture Farnese. Le Sculture Ideali, Napoli 2009. 

GASPARRI  2010

C. Gasparri, Le Sculture Farnese. Le Sculture delle Terme di Caracalla, Napoli 2010. 

GERLINI  1941

E. Gerlini, La Farnesina, Roma 1941.

GERLINI 1942

E. Gerlini, Giardino e Architettura della Farnesina, Roma 1942.

GERLINI 1981

E. Gerlini, Villa Farnesina in Roma, Roma 1981.

GIOVANNONI 1937

G. Giovannoni, Baldassarre Peruzzi Architetto della Farnesina: Discorso per il 4 centenario della sua morte pronunziato nella Reale Accademia d’italia il 5 novembre 1936, Roma 1937. 

JESTAZ 1994

B. Jestaz, Le Palais Farnèse. L’inventaire du Palais et des proprietes Farnèse à Rome en 1644, Ecole Francaise de Rome, Roma 1994.

HERMANN 1930

F. Hermann, La Farnesina, Roma 1930.

IACOBINI 1989

S. Iacobini, Le Vicende Costruttive di San Giuseppe alla Lungara e il progetto architettonico di Ludovico Rusconi Sassi, in «l’Architettura da Clemente XI a Benedetto XIV», a cura di E. Benedetti [Studi sul Settecento Romano], Roma 1989.

LAPENTA-PETITTO 2023

V. Lapenta-V. Petitto, Villa Farnesina: un esempio di resilienza e valorizzazione da Roma Capitale a oggi- L’Ottocento a Villa Farnesina. Il Duca di Ripalda, il Conte Giuseppe Primoli e Roma Nuova Capitale d’Italia, Roma 2023.

MADONNA 1985

M.L. Madonna, L’architettura e la città intorno al 1500, in «Roma 1300-1875: L’arte negli anni Santi»a cura di M. Fagiolo- M.L. Madonna, Roma 1985.

MENNA 1974

P. Menna, Un episodio del soggiorno a Roma di Francesco II in alcuni documenti borbonici, Archivio Storico per le Provincie Napoletane 1974.

MORGANTI 1990

G. Morganti (A cura di), Gli Orti Farnesiani sul Palatino, Roma 1990.

PARENTE SCIPIONI 1995

M. Parente Scipioni, Le fonti Archivistiche farnesiane negli archivi e nelle Biblioteche di Parma, in I Farnese Arte eCollezionismo, Milano 1995.

ROWLAND  1986

I. D. Rowland, Render Unto Caesar the things which are Caesar’s: Humanism and the arts in the patronage of agostino Chigi, in «Renaissance Quarterly», 1986, pp. 673-730.

ROWLAND 2001

I. D. Rowland, The Correspondence of Agostino Chigi (1466-1520) in Cod. Chigi c., Città del Vaticano 2001.

ROWLAND 2023

I.D. Rowland, Agostino Chigi 1466-1520 , in Raffaello e l’Antico nella Villa di Agostino Chigi, catalogo della mostra, 6 aprile-2 luglio 2023, Roma, Villa Farnesina, a cura di C. Barbieri-A. Zuccari, Roma 2023, pp. 281-293.

SAXL 1934

F. Saxl, La Fede Astrologica di Agostino Chigi, Interpretazione dei Dipinti di Baldassarre Peruzzi nella Sala di Galatea dela Farnesina, Roma 1934.

SGAMELLOTTI – CANEVA 2017

A. Sgamellotti, G. Caneva, I colori dell’abbondanza: Frutta dal Nuovo e Vecchio Mondo, Roma 2017.

SGAMELLOTTI – LAPENTA 2020

A.  Sgamellotti, V. Lapenta, La Saletta Pompeiana e l’Ottocento in Villa Farnesina, Roma 2020.

ZACCHI 1907

F. Zacchi, La Farnesina: sensazione d’arte, Roma 1907.


[1] CORTELLAZZO-ZOLLI 1988; AGAZZI 2018. Il modello architettonico del Casino conosce il periodo di maggiore sviluppo e utilizzo nel corso del XVII secolo come struttura impiegata per l’attività venatoria in contesti agresti e boschivi. La «Vigna Grande» presso Bracciano di proprietà della famiglia Orsini ne è un esempio calzante. Tuttavia, In territorio italico, la costruzione di edifici rurali con finalità di sfruttamento agricolo risalgono proprio al periodo del Casino Farnese come è dimostrato dalla «Cascina Boscaiola», un Casino di caccia di appartenenza viscontea e poi sforzesca della metà del Quattrocento.

[2] Le prime Informazioni sul Casino Farnese alla Lungara sono da rintracciare nello scritto di CORTESE 1510, in cui l’autore specificava anche l’impiego della piccola residenza agreste finalizzata a locus bucolicus in cui il cardinal Alessandro Fernese Seniore trovava spazio per curare la propria salute fisica e il proprio equilibrio interiore. 

[3] I contributi post-ottocenteschi vengono qui sintetizzati: ZACCHI 1907; HERMANN 1930; CALLARI 1934, pp. 201-209; GIOVANNONI 1937; GERLINI 1941; GERLINI 1942, 4; FROMMEL 1961; COFFIN 1979, pp. 87-91; ROWLAND 1986, 39, pp. 673-730; FINOCCHI GHERSI 1987, 31, pp. 105-106; BARTALINI 1996, pp. 38-86; FROMMEL 2003; FROMMEL 2014; ROWLAND, Agostino Chigi 1466-1520 , in “Raffaello e l’Antico nella Villa di Agostino Chigi”, catalogo della mostra a cura di C. Barbieri-A. Zuccari (6 aprile 2023-2 luglio 2023, Villa Farnesina, Roma) Roma, 2023, pp. 281-293.

[4] ALDROVANDI 1556.

[5] Si Veda: «Inventario dell’Argenti, Mobili et altro che sono in Roma in Palazzo Farnese mandato dal Sig. r Bartolomeo Faini. Guardarobaa di Primo Giugno 1649» (Archivio di Stato di Napoli, 1853/II).

[6] L’inventario è stato pubblicato in JESTAZ 1994, pp. 13-20 recante tutte le opere di diverse tipologie-scultoree, pittoriche, librarie, grafiche, suntuarie e mobilio-conservate nel Palazzo di via Giulia, nel Giardino di Campo Vaccino, nella Farnesina, nella Vigna della Torretta, nella Villa Madama e nella Vigna fuori San Pancrazio. 

[7] PARENTE SCIPIONI 1995. La studiosa indaga in maniera approfondita il processo di trasferimento degli inventari farnesiani da Roma a Parma e ricostruisce le vicende di dispersione a cui il grande patrimonio cartaceo farnesiano andò incontro prima dell’introduzione di un’organizzazione sistematica attuata a partire dal primo XVIII secolo dall’affermarsi della dinastia Borbone.

[8] Imprescindibili sono i tomi dedicati alla raccolta Farnese conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli pubblicati da GASPARRI nel 2009-2010 in cui lo studioso ripercorre la storia documentaria, inventariale e degli spostamenti dei marmi Farnese in tutte le dimore farnesiane, dalla residenza cittadina, alle sedi rurali della Farnesina, Campi Vaccini e Porta di San Pancrazio. 

[9] Le pagine fondamentali sull’opera sono da circoscrivere a DIONISOTTI 1967 pp. 66-68; Sull’esegesi dello scritto di Cortesi si veda altresì CANTIMORI 1963, pp. 278-279, e, ancora, GARRIS WEIL- D’AMICO 1980, pp. 227-238. 

[10] Su l’avvio delle politiche progettuali e urbanistiche, di natura difensiva e abitativa quanto politica volta alla riaffermazione del papato nel periodo di Alessandro VI si veda MADONNA 1985b, pp. 126-132.

[11] CELIO 1638, ZOCCA 1967.

[12] Sulle informazioni biografiche relative ad Agostino Chigi, imprescindibile è la biografia tracciata da CUGNONI 1879 in «Archivio della Società di Storia Patria» e riproposta con un nuovo apparato critico a cura di PROCACCIOLI e MONTECORVI nel 2021.

[13] COFFIN 1979.

[14] A tal riguardo esemplificativo è il progetto michelangiolesco mai realizzato datato al 1546 in cui il Cardinal Farnese il Giovane richiese un ponte che collegasse le due proprietà rappresentative del potere farnesiano disposte sulle due sponde tiberine: Il Palazzo in Via Giulia e la Villa Farnesina che comprendeva il Casino Farnese, nucleo primordiale dei Farnese alla Lungara.

[15] COFFIN 1979, pp. 87-91. Lo studioso propone una panoramica su Villa Farnesina che, seppur inserita in un contesto di lavoro più ampio dedicato al concetto di villeggiatura nella Roma rinascimentale, non manca di citare il Casino Farnese evidenziandone alcuni sviluppiarchitettonici come il pergolato del Meleghino datato al 1540.

[16] Uno studio minuzioso sull’evoluzione dei parchi di proprietà della Famiglia Farnese è dato da Alessandro VISCOGLIOSI «Gli OrtiFarnesiani: Cento anni di Trasformazioni (1537-1635)», pp. 299-339 in MORGANTI (a cura di) 1990. Il volume e i contributi in esso contenuti, tracciano un disegno puntuale delle sedi di rappresentanza dei Farnese, evidenziando le fasi di maggiore affermazione dei differenti siti -partendo dai parchi e concentrandosi sul collezionismo d’antichità e botanico – nell’arco dei secoli XVI-XVII.

[17] COFFIN 1979.

[18] Si annoverano alcune delle più celebri Guide di Roma che dalla fine del Seicento al Tardo Settecento coinvolgono la Villa Farnesina e le suepertinenze come il Casino Farnese: «Roma Ricercata» di Fioravante Martinelli del 1644, «Mercurio errante» di Pietro Rossini del 1693, il «Della Manificenza di Roma Antica e Moderna» di Giuseppe Vasi del 1763 e «l’Itinerario istruttivo di Roma, o sia descrizione di tutti i monumenti antichi, e moderni di quest’alma città» di Mariano Vasi del 1791.

[19] SPINOSA «Le Collezioni Farnesiane a Napoli: da Raccolta di Famiglia a museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte», pp. 80-121, in FORNARI SCHIANCHI 1995. Nel contributo citato si traccia una parabola approfondita sullo sviluppo del collezionismo farnesiano all’indomani dell’estinzione del ramo Farnese e, con esso, si specificano le aspirazioni politiche e culturali di Carlo III di Borbone, successore di Elisabetta Farnese.

[20] Per le vicende edilizie che coinvolsero la Lungara nell’arco del XVIII secolo si vuole ricordare innanzitutto l’acquisizione da parte del Cardinale Neri Maria Corsini della proprietà Riario su cui furono innestate le mura della residenza della famiglia. Un tracciato preciso è proposto da BORSELLINO 1988. Si ricorda, inoltre, che il tratto viario della  Lungara fu interessato dalla costruzione della chiesa di San Giuseppe fra il 1729 e il 1732, IACOBINI 1989.

[21] La catalogazione delle antichità farnesiane studiate specificando il sito espositivo Farnese di derivazione e oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli è presentata dallo studio di GASPARRI 2010. Gasparri fornisce un insieme di oltre novanta schede che specificano l’entità del reperto e l’anno o il periodo in cui è stato trasportato in sede differente dalla sua originaria.

[22] Sul contratto stipulato fra il Duca e l’ultimo regnante borbonico si veda Atti dei Convegni Lincei 2023, in cui sono raccolti i testi del Catalogo della Mostra «L’Ottocento a Villa Farnesina. Il Duca di Ripalda, il Conte Giuseppe Primoli e Roma Nuova Capitale d’Italia». L’esposizione, tenutasi fra il Febbraio e Marzo del 2023 presso la Villa Farnesina, era concentrata sulle vicende di rinnovo strutturale e dell’area della Farnesina nella fase in cui era residenza del Duca spagnolo all’interno del contesto storico del Risorgimento Italiano.

[23] Per un quadro sugli interventi di restauro attuati dagli architetti Antonio Cipolla e Antonio sarti e finanziati dal Duca di Ripalda nella struttura e nel Parco della Farnesina durante la Seconda Metà del XIX secolo, si consideri SGAMELLOTTI- LAPENTA 2020.

[24] ASR, Trenta Notai Capitolini, Officio VI. Si tratta di un faldone di documenti borbonici che raccolgono un panorama interessante sulle attività di manutenzione della Farnesina come proprietà borbonica. Le carte citate nel presente studio fanno parte della corrispondenza fra alcuni agenti borbonici con mansioni gestionali della Farnesina e il ministro regio delle finanze presso Napoli intento a mediare col monarca per fornirele finanze necessarie per il restauro del sito farnesiano transtiberino.

Articolo precedente

Terre di nebbia e di luce: intervista ad Anna Ottani Cavina