Una tela ritrovata a San Luigi dei Francesi. Parte I
Contributo di Lili Davenas (Institut National du Patrimoine) e Pierre-Antoine Ferracin (Sapienza Università di Roma)
Giovedì 25 febbraio 2021, ore 9 a Roma. Un timido sole brilla sulla piazza di San Luigi dei Francesi. All’Emporio della Pace, un bar del centro città, non è ancora troppo tardi per prendere un cappuccino al banco, ingoiando velocemente un cornetto alla crema. La città è vivace, le signore portano a spasso i loro cagnolini indossando nuovi occhiali da sole e, da lontano, riecheggia il fragoroso ciao dell’amico del mattino.
“Un tappeto di grandi dimensioni”
La navata della chiesa di San Luigi dei Francesi è stranamente tranquilla. La crisi ha ridotto drasticamente il numero di visitatori. Se tutto tace, è perché non hanno ancora preso possesso della Cappella Contarelli, che ospita i dipinti di Caravaggio. Eppure, nonostante questo insolito silenzio, l’eccitazione è palpabile. C’è qualcosa in ballo.
Sono presenti quattro restauratori dello Studio Merlini Storti, tutti incaricati da Pierre-Antoine Ferracin, studente di storia dell’arte alla Sapienza che lavora per il Service des Travaux et Bâtiments français en Italie (STBI). Sono lì per rimediare alle difficoltà causate dal formato monumentale di un’enorme tela avvolta intorno a un rotolo di legno, che stanno per srotolare.
Ma cosa riunisce tutte queste persone intorno a un rotolo di legno e a diversi metri di tela? Per capirlo, dobbiamo tornare indietro nel tempo di quarant’anni[1], a una data che non conosciamo. Nella scala che porta alla galleria nord del coro della chiesa, è conservata una grande tela, ma nessuno sa cosa nasconda. È un capolavoro, un’opera minore, o è solo un comune tappeto? Rappresenta semplicemente qualcosa? Il resto della storia dimostrerà che la tela non era completamente sconosciuta ai suoi proprietari, ma per mantenere la suspense nei nostri lettori, è importante non rivelare subito questa informazione.
Un quadro misterioso, dunque. È in uno stato difficile da descrivere, essendo arrotolato sul bordo delle scale. In ogni caso, è una seccatura, poiché impedisce al clero di raggiungere rapidamente la soffitta e ostacola una potenziale operazione di salvataggio delle parti superiori della chiesa. L’arrivo del tenente colonnello Thierry Burger, consulente per la sicurezza antincendio del Ministère de la Culture, nel gennaio 2020 ha portato alla redazione di una diagnosi dello stato generale della sicurezza della chiesa. La sentenza è irrevocabile: non essendo rispettate le norme antincendio, si consiglia di limitare il più possibile i luoghi di deposito “selvaggio”, come è diventata la scala della tribuna. Il rotolo, descritto come un “grande tappeto” deve quindi essere spostato. In accordo con il clero, la STBI ha deciso di spostare il grande tappeto e di srotolarlo. Qualche giorno prima della data stabilita, i membri del clero hanno proceduto ad una prima movimentazione, notando che il tappeto è in realtà una tela. Un bel volto è stato addirittura individuato sull’estremità destra. L’interesse cresce.
Torniamo al nostro giovedì 25 febbraio, a Roma. Diversi volontari sono scelti per partecipare alla manovra. Per l’occasione, il pavimento della navata è stato liberato dei banchi. Davanti agli occhi stupiti dei partecipanti – ma anche dei pochi turisti sorpresi di scoprire un quadro non menzionato nella loro guida – un grande olio su tela che rappresenta una scena religiosa si rivela lentamente. Un uomo si erge sopra una folla colorata, in piedi su un piedistallo, e arringa il pubblico indicando con un dito il cielo. Non si può fare a meno di pensare alle stanze di Raffaello. La figura sembra riferirsi sia a Platone nella scena della Scuola di Atene, indicando il mondo delle idee, sia alla figura sullo sfondo della Disputa nel Santissimo Sacramento. L’opera raffigura quasi certamente una predicazione di San Paolo ad Atene, come dimostrano i due edifici ai lati della composizione, la tomba di Filopappo e l’Acropoli, in alto a destra. San Paolo predica il “Dio sconosciuto” e converte il filosofo Dionigi, detto Areopagita, probabilmente raffigurato con sua moglie nella parte inferiore del dipinto. La figura seduta su un podio a destra nella composizione non è identificata.
Un primo rapido esame visivo della tela rivela subito diversi difetti. I contorni sono strappati, numerose lacune sono visibili e i pigmenti sono danneggiati in diversi punti. Misurando 6,64 m per 4,90 m, il dipinto è stato realizzato su una tela di alta qualità. L’esperto di materiali del team di restauro sottolinea la finezza della tela, di alta qualità per la sua epoca, e specifica che potrebbe provenire da una manifattura delle Fiandre, poiché un lavoro di qualità di queste dimensioni in un unico pezzo e senza la presenza di cuciture non veniva fatto in Italia. Su questa stessa tela, si notano tracce di parassiti. Anche se l’infestazione non sembra più essere attiva, la tela ha urgente bisogno di essere consolidata.
Alcuni lamentano le condizioni del quadro, altri si preoccupano di chi potrà restaurarlo e, soprattutto, dove sarà ricollocato. Monsignor Duval-Arnould, memoria vivente della chiesa, avanza la prima ipotesi: Jean-Baptiste Wicar (talvolta scritto Vicar), morto a Roma nel 1834, avrebbe lasciato in eredità tutto il suo studio ai Pieux Établissements de la France di Roma e Loreto. E se ci trovassimo di fronte a una delle sue ultime opere? Poiché le grandi composizioni facevano parte del suo repertorio, non sarebbe così sorprendente. Tuttavia, lo stagista conservatore Vincent Lamouraux s’interroga sulla modellazione dei volti, che ricorda più gli allievi di Ingres, come Hippolyte Flandrin. In un breve arco di tempo, le ipotesi sulla datazione variano dal 1835 agli anni 1850 e 1860.
Ognuno fa la sua attribuzione. Si sente dire: “È un Caravaggio? “
Ma prima di imbarcarsi in ipotesi azzardate, tutti concordano che innanzi tutto bisogna prendersi cura dell’enorme tela. La squadra di restauratori sul posto ha effettuato un’operazione di condizionamento d’emergenza. I restauratori procedono all’allungamento del supporto in legno alle due estremità, poi applicano strati di pluriball e cellophane per rendere la struttura completamente liscia e innocua per la tela e i suoi pigmenti. Grandi teli di plastica sono posti sulla tela. Prima viene arrotolata, lato anteriore interno, poi srotolata a faccia in giù, con la parte dipinta a terra a contatto con la plastica. Il nastro adesivo viene applicato alle numerose tacche presenti sulle due estremità verticali della tela. In un secondo momento, la tela viene arrotolata nel giusto verso, cioè a faccia in su con la pittura all’esterno, in modo che i pigmenti non siano più sotto pressione per mancanza di superficie, com’era accaduto fino ad allora. È previsto un imballaggio temporaneo: la tela è posta sul pavimento in una sala del Palais Saint-Louis, noto come “il Museo”.
Le ipotesi formulate
L’indagine viene avviata. Dopo lo srotolamento, la notizia della scoperta si diffonde rapidamente. Diversi esperti, curatori di musei e monumenti storici sono stati contattati [2] per dare la loro opinione. Grazie ai loro numerosi ed entusiastici feedback, le ricerche si perfezionano. Le ipotesi di datazione si concentrano ora sugli anni 1840-1850 e si interrogano le banche dati. Diverse ipotesi sono così confermate o smentite: potrebbe trattarsi di un invio della direzione dei Musei, o di un’opera presentata ai Salons, o di un Prix de Rome, o infine, di un deposito non formalizzato di un artista più o meno illustre.
Se la tela è stata realizzata da un artista francese, dovrebbe essere possibile rintracciarla negli invii della Divisione delle Belle Arti, ma non vi è elencata.
Se la tela è stata spedita della Direzione dei Musei, dovrebbe essere registrata con un numero preceduto da “LP”, “RF” o “MI”, cosa che non appare dopo un primo esame visivo. La ricerca nella banca dati non produce nulla [3]. Sembra improbabile che si tratti di una spedizione del Ministero degli Affari Esteri, dato che questa amministrazione non si occupa di acquistare o commissionare opere contemporanee [4].
L’altra pista è quella dei Salons. Fino al 1882, pochissimi quadri con la predicazione di San Paolo come soggetto furono esposti al Salon, e sono tutti per lo più localizzati. Due quadri non lo sono: San Paolo che predica ad Atene davanti al piedistallo del Dio ignoto di Jean-François Brémond per il Salon del 1850 e San Paolo ad Atene di Dominique-Antoine Magaud, al Salon del 1865 [5]. Inoltre, è probabile che l’artista che ha realizzato tale composizione fosse un Prix de Rome, membro dell’Académie de France a Roma[6].
Vengono fatti diversi nomi: Jean (Gilbert) Murat, Émile Signol, ma solo uno torna a più riprese, quello di Jean-Baptiste Wicar[7]. Infine, non dobbiamo escludere l’ipotesi più probabile: che l’opera sia riconducibile a un deposito non formalizzato (e presto dimenticato) di un’istituzione vicina alla chiesa di San Luigi, o dell’artista stesso[8]. Il resto di questo articolo suggerisce che tale ipotesi è quella corretta. Si privilegiano dunque le piste di due artisti: Jean-Baptiste Wicar e Catalani.
La prima pista: Jean-Baptiste Wicar (1762-1834)
L’indagine è partita. La prima pista è quella dell’artista Wicar, subito sostenuta da Mons. Duval-Arnould. Interpellato, il vescovo ha spiegato che una targa sulla facciata nord di San Luigi ringrazia l’artista per il dono di un’opera il cui titolo non è menzionato. Un’altra ipotesi si aggiunge. il dipinto sarebbe in realtà una copia di un’opera di Wicar, conservata nella residenza papale di Castel Gandolfo. Per quanto ne sappiamo, solo un’opera di Wicar è conservata a Castel Gandolfo: la Firma del Concordato tra Francia e Santa Sede. La nuvola si addensa. Tuttavia, si apprende che Jean-Baptiste Wicar ebbe legami speciali con i Pieux Établissements di Francia e la chiesa. Allievo di Jacques-Louis David, Wicar scoprì la Città Eterna con il suo maestro nel 1784, all’età di 22 anni. Vissuto a Napoli, Firenze, Genova e Parigi, Wicar fu un rinomato critico d’arte e ritrattista. Divenne direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fu sostenuto da Giuseppe Bonaparte. Si stabilì definitivamente a Roma nel 1800 e divenne un fervido collezionista e commerciante d’arte. Morì a Roma il 27 febbraio 1834; una stele dello scultore Guacchecini ricorda il luogo della sua sepoltura nella Cappella del Crocifisso nella Chiesa di San Luigi dei Francesi.
La seconda pista: una commissione di Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie (1859-1861)[9] all’artista Catalani
Dobbiamo porre fine a un malinteso. Il quadro non è, come si diceva all’inizio, una vera scoperta. Dopo la giornata del 25 febbraio, molte persone che lavorano per i Pieux Établissements ci hanno assicurato che loro stessi avevano aiutato a srotolare la tela in periodi precedenti. Si tratta di un rito di passaggio?
Uno, due o tre – il numero delle riscoperte non è noto, ma è certamente più alto di quanto si pensasse inizialmente. Ancora più sorprendentemente, l’inventario del patrimonio mobile dei Pieux Établissements, realizzato nel 2000[10], giunto all’STBI pochi giorni dopo la messa in luce della tela, la elenca sotto il numero di inv 771, con un’iconografia simile e note circa il sollevamento dello strato di vernice. La data registrata è il 1860 e vengono proposte due attribuzioni: “l’artista Catalani” e una parola oscura (“triga“).
Per cercare di capire meglio, abbiamo preso un appuntamento per consultare gli archivi dei Pieux Etablissements riguardanti gli oggetti mobili di San Luigi dei Francesi. Dopo diverse ore di ricerca e di consultazione di verbali e fondi di ogni tipo dagli anni 1840 agli anni 1870, François Chevrollier, curatore tirocinante all’INP, ha scoperto tre frasi trovate nell’inventario del 1912. Questa scoperta, a meno di venti minuti dalla fine della consultazione degli archivi, ci dà soddisfazione e speranza per il proseguimento dell’avventura.
« Parloir
Saint Paul à l’aréopage de Catalani
Nota. Ce tableau est en dépôt depuis les années 60.
Toile pour église de Naples, sur l’ordre de François II. »
La ricerca si rivolge ora in direzione di Napoli, capitale del Regno di Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie. A causa del suo breve regno – un anno e otto mesi – ostacolato dalla creazione del Regno d’Italia e dall’invasione delle truppe garibaldine, il campo di ricerca sulle commissioni artistiche emesse dal re è notevolmente ridotto.
Fino ad oggi, non abbiamo trovato traccia di questo quadro né nei verbali successivi al 1860 né negli inventari del 1886 e del 1896 di San Luigi dei Francesi conservati presso i Pieux Etablissement. [11]
Poiché il quadro non appare negli inventari precedenti al 1912, possiamo chiederci se sia stato depositato a San Luigi dei Francesi dopo la sua realizzazione a Roma da parte un artista italiano o se fosse destinato a una chiesa di Napoli e sia stato rimpatriato a Roma per ragioni sconosciute e quindi depositato o offerto alla comunità di Saint-Louis.
Le indagini proseguono…
Le misure prese dal Service des Travaux et Bâtiments français en Italie (STBI), in associazione con i Pieux Établissements de la France a Roma e Loreto
Gli interventi sulla tela di San Luigi sono stati coordinati dall’architetto Agnès Chodzko, membro dello STBI. Quest’ultimo è un servizio tecnico che esiste dagli anni ‘70 e che conduce operazioni su edifici e oggetti mobili francesi in Italia per conto del Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri (MEAE).
Lo STBI lavorerà sulla tela in collaborazione con la Fondation des Pieux Établissements de la France à Rome et à Lorette, posta sotto l’autorità dell’Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Questa fondazione è proprietaria di un importante patrimonio immobiliare, tra cui la chiesa di San Luigi dei Francesi [12]. Nel 1970, il restauro della chiesa della Trinità dei Monti è stato oggetto di una legge programmatica sul patrimonio monumentale dei Pii Stabilimenti, che ha permesso di utilizzare il bilancio dei monumenti storici appartenenti allo Stato per il patrimonio della fondazione. Considerando lo sforzo di restauro condotto dallo Stato per la Trinità dei Monti, è stato deciso che questo continuerà a partecipare ai lavori sugli edifici della fondazione Pieux Établissements, attraverso una convenzione firmata dal Ministero della Cultura e dai Pieux Établissements[13], rinnovata ogni tre anni. Oggi, il Ministero della Cultura finanzia progetti di conservazione e restauro al 50% del loro costo. Il Ministero della Cultura fornisce anche assistenza scientifica e tecnica [14].
Ma chi fa cosa? Nell’ambito di questo accordo, STBI dirige i lavori. L’architetto del dipartimento, Agnès Chodzko, e il capo dipartimento, Laurent Delfour, sono responsabili dei lavori sugli edifici dei Pieux Établissements. Questa gestione del progetto è delegata dal Ministero della Cultura, in modo simile a quella delegata a una Conservazione Regionale dei Monumenti Storici per i monumenti appartenenti allo Stato. La gestione del progetto è affidata a un architetto a capo dei monumenti storici designato a questo scopo dal Ministero della Cultura[15]. Il controllo scientifico e tecnico dei lavori di conservazione-restauro è assicurato dal Ministero della Cultura attraverso l’intermediazione di due ispettori del patrimoni[16] che contribuiscono con la loro esperienza. Per quanto riguarda i Pii Stabilimenti, essi sono associati ai pareri emessi, partecipano alla scelta delle imprese e sono regolarmente informati sull’andamento delle operazioni.
Dopo la scoperta della tela, la STBI ha chiesto ai restauratori, che avevano lavorato su di essa, di fornire diversi preventivi, in modo da presentare diversi scenari, che vanno dalla conservazione strettamente preventiva a un restauro completo dell’opera. Per il rischio di veder peggiorare irreversibilmente il fenomeno del deterioramento, il dipartimento raccomanda vivamente un’operazione di consolidamento seguita da un restauro.
Un’avventura franco-italiana
Se le ricerche sono ancora in corso, è già possibile immaginare un “dopo” per questa tela monumentale. Per il momento, è al sicuro dall’umidità e dalle pulizie di primavera. Ad ogni modo, diverse voci e idee circolano.
La raccolta dei fondi necessari al suo restauro richiederà certamente del tempo, ma alcuni, con nostra grande gioia, vedono in questa avventura un grande progetto educativo e didattico di collaborazione franco-italiana.
Il restauro completo, la cui portata è ancora incerta in questa fase, si svolgerà in un periodo di dieci o dodici mesi, con parola d’ordine: formazione. È importante che il cantiere sia visibile a tutti durante e dopo la fase di lavoro. Una tela monumentale di questa qualità con un destino così complesso non può rimanere sotto lo sguardo di pochi privilegiati.
Tessuta nelle Fiandre, commissionata dall’ultimo monarca del Regno delle Due Sicilie, ritrovata in una chiesa francese a Roma… Quest’opera è il risultato di una storia europea che sarà oggetto di un restauro in collaborazione tra Italia e Francia.
Lili Davenas, Pierre-Antoine Ferracin
Service des Travaux et Bâtiments français en Italie (STBI) – Rome
Per l’avanzamento della ricerca, leggere qui.
Note
1] Durante un incontro con il vescovo Duval-Arnould, considerato da tutti come la memoria della casa, si parlava addirittura di una durata di più di cinquant’anni.
2] Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno trovato il tempo di rispondere alle nostre domande: Marie-Anne Sire, Thierry Zimmer, Stéphane Loire, Côme Fabre, Arnauld Bréjon de Lavergnée, Gilles Blieck, Paulo Serafini, Luca Bortolotti, Michaël Vottero, Eric Pujalet-Plàà…
3] Questa informazione non deve essere interpretata troppo rapidamente: l’amministrazione non ha sempre la possibilità di registrare le sue spedizioni.
4] Tranne nel caso in cui l’opera è stata donata o lasciata in eredità da un privato.
5] Ringraziamo calorosamente Michaël Vottero per il suo prezioso feedback. La banca dati Salons menziona queste due opere in questi registri
6] Durante il nostro stage, purtroppo non abbiamo avuto la possibilità di andare a Villa Medici e sfogliare il database delle spedizioni da Roma.
7] Grazie a Thierry Zimmer per l’intervista che ci ha concesso il 9 marzo 2021.
8] Ringraziamo Côme Fabre, curatore del dipartimento dei dipinti del Museo del Louvre, per queste precisazioni.
9] Le date dei regni sono indicate qui.
10] L’inventario è stato realizzato da I. Verger e Eric Pujalet-Plaà.
11] Li ringraziamo per il caloroso benvenuto che ci hanno dato.
12] Possiamo anche menzionare la chiesa Trinità dei Monti e il suo convento; la chiesa Saint-Nicolas-des-Lorrains; la chiesa Saint-Yves-des-Bretons; la chiesa Saint-Claude-des-Bourguignons.
13] L’ultimo accordo risale al 30 marzo 2017.
14] Questo include l’Inspection des Patrimoines, il Laboratoire de Recherche des Monuments Historiques, la Médiathèque de l’Architecture et du Patrimoine (archivi), ecc.
15] In questo caso, l’architetto capo dei monumenti storici delle chiese dei Pii stabilimenti di Francia a Roma e Loreto è attualmente Pierre-Antoine Gatier.
16] L’architetto capo dei monumenti storici, François Jeanneau, e la curatrice generale del patrimonio, Marie-Anne Sire, sono nominati dalla direzione generale del patrimonio e dell’architettura.
(La traduzione, effettuata con Deepl, è stata rivista dalla dott.ssa Julie Pezzali)
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